Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

sabato 30 aprile 2011

FREEWINE, INNOVAZIONE AD AMPIO SPETTRO PER UNA NUOVA WINE-COMMUNITY

MARCO TEBALDI
  La questione non è che sia solo una bella idea , la questione è che il Tebaldi mi ha veramente convinto. Ci ho parlato e ci ho scherzato, l'ho messa anche giù dura ma lui diritto per la sua strada perchè dietro questa cosa c'è sostanza, anzi il bello è che non ce n'è per nulla ....bhe....riassumiamo.  Era il tempo del Vinitaly 2011, l'enologo Tebaldi e lieti simpatici collaboratori ed amici organizzano una serata per dare presentazione ufficiale del progetto "Freewine". Ci vado.
Cito testuale: "Freewine è un disciplinare conseguito tramite un protocollo tecnico non vincolante. Questo disciplinare ha l'obiettivo di apportare consistenti riduzioni della quantità dei solfiti aggiunti nei vini prodotti dalle aziende aderenti. Vini che così regalano la pura espressione della combinazione vitigno-territorio".
Il mondo della innovazione è generalmente malvisto dai più, un po' per ignoranza, un po' perchè porta con se scompiglio e disassamenti ma anche perchè è spesso fastidiosamente autoreferenziale; non è così per Freewine.
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Freewine si basa sul principio di "innovazione" ed il suo è un protocollo libero, una adesione spontanea che un produttore fa in nome della sua capacità di capire che questa è prima di tutto una vera opportunità per il lancio del suo brand.
Al Tebaldi questa definizione non piacerà ma in fondo lo sa che la fortuna di Freewine è proprio quella di non essere solo una innovazione tecnica.
Freewine "si fonda su due presupposti, l'uso delle tecnologie (....grande importanza il controllo del'ossigeno...) e sulla adozione di un innovativo (lupus in fabula) protocollo di vinificazione."
E' un modo di produrre che privilegia prodotti naturali rispetto alla solforosa, che spezza la dipendenza da SO2 delle viticolture, che si basa sul principio "zero aggiunta di solfiti". Freewine è un procedimento tecnologico importante perchè la sua applicazione non è vincolata alle piccole quantità ed alle buone annate in vigna, "non necessita dell'eccezionale" per dare i suoi risultati.
Dietro questa cosetta molto enologica si nasconde la vera idea: la vera intuizione è semmai di chi vi aderisce, la vera intuizione è stata di quel pugno di "pionieri" che hanno deciso di applicare Freewine in alcune produzioni delle loro cantine creando così un segmento nuovo di mercato: il vino salubre, il vino senza solfiti, il vino vero, e chi più ne ha più ne metta.
Abbiamo assaggiato anche i loro vini quella sera, generalmente più saporiti, più vini, più terroir insomma, ma soprattutto si è potuto toccare con mano la loro consapevolezza di essere una cosa diversa. Quel loro modo di fare squadra, quella consapevolezza pur nella tutela della loro indipendenza, di essere una nuova wine-community, un gruppo nuovo nel mondo del vino.
Alla presentazione Freewine c'erano un manipolo di cantine le quali sapevano molto bene che ad accomunarle non era la solita DOC o il vitigno locale ma una propria intuizione. Gente che ha capito la stessa cosa, gente che la pensa allo stesso modo.
Assaggi i loro vini e parli con loro delle loro prospettive e capisci che sanno di essere un gruppo di vignaioli che per il fatto di aver comunemente aderito a Freewine, hanno in mano una idea nuova per vendere, per vendere bene e, soprattutto, per vendere all'estero.
E' infatti il mercato estero è il più sensibile all'abbattimento (peraltro quasi totale con Freewine) della solforosa.
Freewine è tante cose: è un mercato nuovo, un prodotto nuovo, un modo nuovo di ampliare il numero dei consumatori, un nuovo modo di creare il binomio vino-salute (e ce n' molto bisogno), un modo per mettere sul mercato vini "nuovi".
In una parola Freewine è una innovazione ad ampio spettro.
Freewine è anche un blog dove trovate le evoluzioni e le presentazioni del "Disciplinare".
Fatevi un vino "free".
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domenica 24 aprile 2011

IL CHIANTI DI FATTORIA CASENUOVE IN PANZANO. UN SEMPLICE CLASSICO

Ancora chianti , in rapida sequenza ancora ne arriverà, per dar sfoggio del vecchio amore, per ricordare ancora ed ancora su questo mio blog come ho cominciato a tessere la trama del wine lover : in principio....e fu i' chianti!
La bottiglia l'ho trovato nelle mie consuete frequentazioni di scaffale ma la Fattoria Casenuove me la ricordo bene, ci passai davanti e la confusi per altra tenuta che stavo invece raggiungendo in una peraltro recente occasione. Il territorio è Panzano, direzione Passignano, la dove le strade finiscono con una cantina, spesso strade  sterrate, belle d'estate, affascinanti in inverno. Andateci.
La Torre 2007 DOCG Chianti Classico è la bottiglia della Casenuove che rappresenta oggi qui la mitica Panzano di Greve in Chianti, provincia di Firenze (e non lo dico a caso).
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Fattoria Casenuove è in una gran bella posizione, infatti la produzione vitivinicola è corredata da Agriturismo con appartamenti con vista mozzafiato; sono oltre 100 ettari di cui 25 a vitigno con produzione prevalente, ovviamente, di sangiovese.
Il nostro chianti di denominazione classica dichiara 13,5 gradi di alcol e "la macerazione ha una durata di 10 giorni a 20/22°. Dopo la fermentazione il vino viene fatto maturare per 12 mesi prima dell'imbottigliamento".
Per quanto mi riguarda continua la caccia del Chianti classico, di quei chianti al 100% sangiovese in purezza come questo, perchè mi pare ci sia confusione in giro, c'è bisogno di capire, sentire..... la differenza che fa.
La Torre Docg 2007 della Fattoria Casenuove ha un colore rubino inteso, al naso è libero, pulito, limpido, fiore in evidenza, fiore non docile anzi bello grave.
L'assaggio è subito tanninico, allappante quanto basta e di buona persistenza, leggermente e gradevolmente vinoso con un finale tondo e solo appena strutturato.
Un chianti di vera freschezza con ottima (non insistente) acidità finale.
Un vino molto aperto al quale fa buon gioco una aggressività al palato non esagerata ma ben presente ed un sapore carico di valori tipici. Forte ma piacevole.
Siamo di fronte ad un chianti al quale si può dare del "classico" non per effetto della etichetta di denominazione ma per il risultato ricco di ricordi che ne deriva, questo "La Torre" non è il vino dei sogni ma è il vino che sta bene a tavola, un vino simpatico e soprattutto riconoscibile. 

Volevate un semplice buon chianti: eccovelo.
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mercoledì 13 aprile 2011

RITTERHOF, ST. MAGDALENA 2009 DOC, OTTIMO SI.

Quante sono le cantine che si cimentano nel Santa Maddalena lassù, nella Provincia di Bolzano ? Venti, trenta? Tempo fa mi ero cimentato nella ricerca e non ne avevo trovate di più, la produzione di questa DOC è circoscritta geograficamente ad un pugno di comuni bolzanini, una bellissima anima pulsante nel cuore della agricoltura dell'Alto Adige.
Ritterhof è cantina in Caldaro al numero 1 della nota strada del vino, piccola cantina con produzione vasta.
Il suo Santa Maddalena mi è arrivato tramite Enrico che, quando non fa  l'uomo dedito alla palla ovale dei più piccoli, gigioneggia con me su vino e vitigni.
Assaggio notevole, questo vino dei Roner, gli stessi della distilleria, è da consigliare.
Stiamo parlando di Ritterhof Weingut Tenuta - St. Magdalena 2009 DOC Perlhof.
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Il colore è un po' più carico di quello che mi aspettavo mi piace molto quel riflesso rosso anticato che gli conferisce una apparenza di blasone intonata all'assaggio. Il naso è pieno, forte , tondo e carico, gentilmente vinoso decisamente ma gradevolmente affumicato . Una gradevolezza a 13 gradi alcolici, fuori dalla gamma dei "vini da bere" ma a pieno titiolo nella categoria per manifesta capacità di esserlo. L'assaggio è deciso, con evidente sapidità, veloce e solo leggermente persistente. Elegantino, tondo ed evidentemente equilibrato, ritorno di tannino sottile, asciutto.
Che bella questa combinazione schiava/lagrein della cantina Ritterhof, tutt'altro che banale ma di fatto semplice, così veloce al palato eppur votata alla memoria dell'assaggiatore. 

Secondo me questa è una piccola perla della denominazione Santa Maddalena, è uno dei molti simboli della sfida vinta da un territorio, quello altoatesino, contro la desertificazione dell'uva rossa che stava subendo la sua terra.
Le caratteristiche del Santa Maddalena sono generalmente almeno due.
La prima quella di essere l'imbottigliamento di un matrimonio, quello fra il vitigno storico altoatesino, la schiava, ed una percentuale massima del 10% del succo d'uva di un altro vitigno locale a scelta della cantina (per Ritterhof era Lagrein).

La seconda caratteristica è quella di essere il fiore all'occhiello della viticoltura bolzanina, in questo senso Santa Maddalena è una condizione vinicola non una idea, schiava e pinot nero? schiava e lagrein? Questo è Santa Maddalena. 
Questa è la resistenza organizzata al vitigno bianco, fruttato e da aperitivo che in molte valli aveva nel tempo soppiantato il rosso, è la vendetta del degustatore contro l'avventore distratto ma è anche la prova che ad andare lassù, fra le valli bolzanine, c'è sempre di più da imparare, c'è un impegno che da frutto. Buono.



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mercoledì 6 aprile 2011

IL NORMALE "FIANO" DI SETTESOLI, BIANCO IGT SICILIA

Mi fa molto piacere quando mi mettono in mano una bottiglia accompagnandola con il classico "senti un po' questa..." è cosa gradita, piacevole, non sempre la bottiglia è all'altezza della situazione e della sincera amicizia dell'offerente ma questo è un wine blog non un blog di amori contesi, discesi o scoscesi e quindi pane al pane, eccetera eccetera. Così ho assaggiato il Fiano Sicilia IGT 2009 della linea Mandrarossa della super cantinona siciliana Settesoli. Et voilà.
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Settesoli è cantina cooperativa, circa 6500 ettari vitati , oltre 2300 conferitori, società cooperativa, leader per quantità sul continente europeo visto che produce circa 20 milioni di bottiglie, sede principale in provincia di Agrigento. Una delle sue linee di richiamo per la grande distribuzione è Mandrarossa ed il suo Fiano, insieme ai suoi voluminosi 13.5 gradi alcolici, è quello che è stato oggetto di "taste" ben soppesato.
Questo vitigno, la cui maggiore diffusione è campana, vanta origini forse liguri.
Il nostro di Settesoli scende nel bicchiere color giallo oro, riflessi pieni di un colore verde indubitabile al naso è sufficientemente pieno e chiaramente fruttato, ben distinta la pesca, subito dopo note agrumate e pungenti. Intenso in bocca, pieno ma per nulla complesso, caldo e decisamente molto sapido, di buona persistenza con un finale dove ritorna l'agrume ed altre note speziate non decisive.
La cosa che mi ha impressionato dell'assaggio di questo prodotto della Settesoli è come l'ho trovato subito piuttosto "normale". Niente di che, una cosa comunque buona uscita dalle vasche di un grande produttore, un vino che forse è qualcosa di più dell'ordinario ma non è nemmeno il caso di esagerare. Non si può dire un vino equilibrato, questo proprio  no,  ma nemmeno scomposto, forse accanto a qualche produzione avellinese non farebbe la stessa figura ma questo rimane comunque un prodotto di buona fattura.


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sabato 2 aprile 2011

CASTELLO D'ALBOLA CHIANTI CLASSICO 2007 DOCG, IN EQUILIBRIO.

Piacevole ritorno nella terra della docg chiantigiana, siamo a Radda in Chianti cuore del sangiovese toscano, cuore della produzione di chianti a prescindere. E' bellissimo girare per Radda, chissà quante volte l'ho già scritto, perchè li tutto ha il sapore del lavoro in vigna, non c'è distacco, non c'è alternativa.
E la grande tenuta di Castello d'Albola che accompagna questa volta l'assaggio, tenuta di quelle grandi, 150 ettari vitati ed una famiglia del vino di quelle importanti a gestirne i risultati.
Scende nel bicchiere il Castello d'Albola 2007 Chianti Classico DOCG.
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Il Sangiovese sta al chianti del Castello d'Albola al 95% il resto è tocco sapiente di canaiolo; uve vinificate con metodo tradizionale, fermentazione sulle bucce, manolattica e poi via a farsi 12 mesi di riposino in botti di rovere.
Scende nel bicchiere veloce con un colore rubino non intenso, riflessi violacei.
Al naso subito e di prima evidenza arriva un tocco interessante e gradevole di fumo e di legno delicato, subito dietro la viola e la sua tipica flessuosità. Finale leggermente erbaceo per una profumazione non veramente piena.
L'assaggio denota una eleganza insospettabile, non corposo e di modesta persistenza,diremmo anche  basso di tannino, si dimostra fin da subito un vino raffinato che scende composto, senza esitazioni e, rivelando quasi una sua voglia di defilarsi sul palato, si mostra di buon equilibrio.
Nessuna imperfezione apparente, alcol a 12,5 gradi di volume che non si fa sentire più di tanto, il Castello d'Albola è per gli amanti di un chianti senza toni muscolari, senza pretese di eccessive strutture, certo il suo risultato dipende molto dalla tavola, non è un vino che vive di vita propria.
Esiste una generazione di etichette di questa denominazione , sempre più diffusa, che tende ad affidarsi alla tavola e sposa l'idea del connubio con il food per farsi presentare; non solo non è sbagliato ma diciamo in più che è anche normale perchè in Italia, ed in Toscana più che mai, un atteggiamento così non ha solo un senso, ma soprattutto ha una storia


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