Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

domenica 30 gennaio 2011

ANTEPRIMA AMARONE 2007 (prima parte): IL CONSORZIO VALPOLICELLA, IN DIFFICOLTA', TENTA IL DIVERSIVO

Una conferenza stampa incomprensibile regala l’immagine di un Consorzio Valpolicella disorientato, cosi è iniziata la prima giornata di Anteprima Amarone 2007.
Subito in apertura ecco la pistola fumante sulle attuali difficoltà del Consorzio, c’è infatti l‘ospite di lusso ovvero il solito fine dicitore che si chiama spesso quando sale l’imbarazzo e nessuno sa tenere la scena: apre infatti le danze il bravo Federico Quaranta, noto per la trasmissione RadioRai Decanter. Il Quaranta ci urla al microfono tre cose : la prima che di solito è più simpatico (lo ripeterà quattro volte ed alla fine ci abbiamo dovuto credere), che lui “non capisce nulla di vino” (il portone dopo c’era la presentazione della esposizione "Vivi la Casa" che il Quaranta abbia sbagliato portone?),che per lui l’amarone è importante perché lo aveva nel bicchiere quando ha fatto la dichiarazione d’amore a quella che è ora sua moglie.  Rivelazione esplosiva.
Non è una cosa seria, si capisce, ma si impegnano prima Carlo Zanardo e poi Daniele Accordini a cercar di ristabilire la professionalità anche se  l’ordine di scuderia sembra sia il contrario.
per continuare a leggere questo post clicca su Continua
Lo Zanardo infatti relaziona sul nuovo ruolo dei Consorzi di Tutela, ma si premura di dire che farà presto perché in fondo la sua è “solo materia tecnica” (ma non eravamo li per questo ?).  Ci lascia però alcuni spunti molto interessanti, chissà se dopo lo avranno redarguito per tanto ardire, quando parla dell’ Amarone come di “pratica tradizionale di produzione” e quando parla del Consorzio che verrà come di un ente di tutela “rivolto soprattutto al consumatore”, perché “il consumatore va informato” e per questo il Consorzio deve fare seriamente “comunicazione ed insistere sul fattore territorio di provenienza”.
L’enologo Accordini, sempre eccezionale e di altissimo livello, salva la frittata anche se, si intuisce, le notizie della stagione 2007 rendono tutto più difficile. 
Quindi la parola passa ad uno spento Presidente del Consorzio Valpolicella Luca Sartori. Un intervento, quello del Presidente, scarico di contenuti, recitato con stanchezza, senza punti di forte interesse. Cita qualche numero per dirci, lo dice davvero lui, che la politica di contenimento del prodotto sul mercato è fallita: gli ettari vitati nel 2010 sono aumentati di 150, 6450 nella stagione corrente con 1495 aziende che producono uve per amarone, 28, 2 milioni di Kg di uve nel 2010 (21,9 nel 2009) e quasi 13 milioni di bottiglie nel 2010 (erano 9 nel 2009). Buoni però i prezzi, le redditività e l’export che aumenta del 40% (13% la media dei vini italiani). Sartori cita quindi le recenti sue richieste alla Regione Veneto per il “blocco degli ettari vitati” e parla della necessità di “un mercato controllato e con i nervi saldi”. Soviet Valpolicella.
Siamo a metà relazione presidenziale, la successiva metà non sarà più dedicata al vino ed ai moltissimi problemi del mercato e della neo DOCG, o magari alle proposte delle Famiglie d’Arte ed alla “A” da apporre sulle loro bottiglie, ai problemi dei prezzi sugli scaffali, alla programmazione ed al futuro, ma alla..... fantascienza. E’ a questo punto infatti che Il Presidente (in scadenza) fraseggia “…amarone come fenomeno di cultura e stile di vita” ed ecco andare in scena il peggior marketing si sia mai visto.
Il Consorzio tenta una imbarazzante declinazione del solito dualismo “Vino & Arte” presentando, nel disinteresse totale della sala che si alza e se va, alcune iniziative. Le prime due , ovvero una mostra di pittura di un grande artista veronese e la presentazione di itinerari turistico-cultural-vinosi lungo la Valpolicella (che novità!!), scivoleranno incolpevoli nel silenzio e nell’indifferenza. La terza iniziativa non risulta dai comunicati stampa, è il Presidente Sartori a citarla parlando di una mostra, che si terrà in loco, di “tele e paesaggi della Valpolicella realizzate da un noto artista cinese”. All’anima del “tipically” penso io, il Consorzio si lancia nel Made in China.... ma poi mi ravvedo….devo aver capito male….. non è possibile…. ...sarebbe una idiozia troppo grande. Mah!
Sartori conclude citando l’alleanza con il mondo del Prosecco per azioni promozionali in Russia, Norvegia, USA e Brasile e poi si fa chiedere da Quaranta se esiste la sua candidatura per il prossimo mandato presidenziale del Consorzio,  la risposta, scritta nella domanda, è chiaramente un “no”. Il leone non ruggisce più, si prospettavano tempi migliori un anno fa, un Sartori carico annunciava voler dar fuoco a micce che però pare non si siano mai accese.
Il Consorzio è debole, risponde al proclama delle Famiglie d’Arte con una mostra di pittura, dice di voler sostenere i prezzi ma produce un incremento del 44% della offerta di prodotto, parla ai buyer esteri ma va all’estero con il più forte Prosecco e gioca invece le proprie carte in casa, come se della bontà dell’amarone bisognasse convincere la massaia di Illasi o il manager di Bovolone.  Il Consorzio è debole all’interno e all’esterno. Gino Bartali ogni volta che perdeva una tappa diceva “L'è tutto sbagliato, tutto da rifare “.
Caro Consorzio Valpolicella, ci vediamo alla prossima tappa.






Pubblicato anche su Terroir Amarone
.

lunedì 24 gennaio 2011

SORSEGGIANDO SOAVE DOC 2009 TAMELLINI RILEGGO "SOAVEMENTE"

Sono sceso giù, usando terminologia comune, ed ho preso una bottiglia di Soave. Faceva freddo e buio li giù perciò l’ho presa senza tanto star li a scegliere e soppesare, il primo Soave che mi è venuto in mano è venuto via con me, in questo senso questa è stata .…una degustazione alla cieca.
La scelta di un Soave seguiva invece l’onda di un post accattivante della blogger Maria Grazia Melegari (nella foto) che chiedeva “qual’è la tua idea di Soave ?” (ma poi perché lo hai intitolato in inglese Maria Grazia??). La bottiglia in questione doveva accompagnare la rilettura del “dilemma” posto ed aiutare a trovar soluzione.
Quale bottiglia? Ho preso per il collo il Soave DOC 2009 della Azienda Agricola Tamellini.
Per continuare a leggere questo post clicca su Continua
.

La cantina Tamellini si fa scoprire muta e silente, sul web al pari della etichetta della sua bottiglia. 

Il suo Doc è comunque scivolato nel bicchiere veloce mentre titinnavo i tasti della tastiera, bello il suo colore giallo oro con riflessi più chiari e più docili. Il profumo era gradevole, non intenso, non esagerato, floreale appena appena per farsi riconoscere e con un tocco di pera in finale. L’assaggio dimostrava un soave vivo ma anche quanto la componente garganega fosse stata meno determinante. Sapido ma non troppo, leggermente persistente, ingresso brioso con tante leggerissime punzecchiature al palato. Acido solo leggermente nel finale, sapori riconducibili al naso ma senza grazia. In sintesi un vino ancora grezzo, non suscitava particolari sensazioni, senza ambizioni.
"Quale idea di Soave?" Già quale? Io avevo postato li un commento …..bhe eccone qui di seguito alcuni passaggi.
La questione Soave è più che mai viva e la sua presenza in GDO è inversamente proporzionale a quella in enoteca….il Soave è un vino da GDO nella testa della gente…. e pochi ne riconoscono davvero il terroir.” Già perché la risposta oggi è puntare sul terroir, ma anche “…..avere un vino da scaffale GDO è la cosa più ambita in questo periodo, oggi come oggi tutti i principali vitigni ambiscono ad un posticino di anche soli 10 centimetri nella maggiori catene di distribuzione. Il Soave si è votato da solo ad un certo mercato è tempo di difenderlo ed uno strumento di difesa è anche il terroir e chi pensa che non si possa fare terroir in GDO forse è meglio si faccia un giro fra certi IPER-scaffali.
Assaggio il Tamellini e rifletto sul fatto che troppo spesso si trovano in giro vinetti scarsetti marcati “Soave”, ci vuole attenzione alla “identità” anche lavorando sulla quantità.
“Identità”, mi è piaciuto questo concetto ripreso in quei commenti da due astronauti del mondo wine blog.
Prima Angelo Perettiquando all'estero si parla del Soave "di punta", si dice che è lo "Chablis italiano", o cose del genere. Non è una bella cosa essere la copia di qualcuno. Lo Chablis è lo Chablis, e il Soave deve puntare a essere il Soave. Lo snodo è questo: si chiama identità.”
Poi Filippo RoncoDobbiamo lavorare sull'identità di ciascuna parte dei nostri molteplici territori. Prima a livello di denominazione e poi a livello di microzone”.
Parebbe cosa buona il mondo del Soave si desse una scossa.
.

domenica 16 gennaio 2011

RIBOLLA FRA STORIA E CONFINI QUELLA DEI "CONTI FORMENTINI...(ah la rima) RAIADE COLLIO DOC"

Finalmente mi sono cimentato seriamente in Ribolla, seriamente perché di questo vino l’assaggio non può bastare, c’è un mondo dietro, secoli di storia…. Di Ribolla fino ad oggi il blog ne era intonso, la cosa è maturata grazie ad un oste in vena di attenzioni per il bianco, ce ne sono sempre meno in giro, ma soprattutto per nulla spaventato dal pesante cognome che si porta la cantina oggetto di attenzione. La cantina è infatti quella dei “Conti Formentini” ma il “cognome” che questa tenuta si porta dietro è quella di GIV, Gruppo Italiano Vini, il colosso del vino italico ed il collasso per alcuni “fini intenditori”. L’amico in bottiglia che si è prestato all’assaggio, ma anche qualcosa di più, è “ Conti Formentini Raiade Ribolla Gialla Collio DOC”. Grazie a questo assaggio noi facciamo due cose, prima storia di ribolla e poi vediamo cosa ci ha detto questo Formentini/GIV.
Per continuare a leggere questo post clicca su Continua.

Bel posto il Collio, goriziano e di confine come non ci si immagina se non ci si va: il Collio è il Collio, si dirà, tutto vero ma di qua e di la dal muro si fa lo stesso vino. Qualcuno si è chiesto quale muro? Storia triste ma vale raccontarla, troppi non la sanno e quindi per la storia della ribolla partiamo dal Muro.
In Europa di Muri ce ne sono sempre stati almeno due, quello noto caduto in una favolosa notte di novembre nel 1989 era a Berlino, chiamato da quelli della Germania rossa Berliner Mauer Aantifaschistischer Schutzwall, magra scusa per tanta ignominia, poi quello di Gorizia eretto dalla follia Yugoslava nel 1947 quando si portarono via un pezzo di Gorizia facendo finta fosse “cosa loro” dividendo cittadini, famiglie, amicizie ma soprattutto molta storia. Adesso al di la dell’ex-muro (di fatto caduto nel 2004, in ritardo di parecchi anni ma tant’è) c’è un pezzo di Europa chiamata Slovenia.
Il vino di qua e di la è “diverso” ma i vitigni quelli sono, la Ribolla infatti è anche in Slovenia, anzi là è da sempre più diffusa, e anche la sua storia non giustifica alcun muro.
Angelo Costacurta, personaggio nazionale interessatosi tra l’altro di studi molecolari sulla vite, è colui che ha realizzato il maggior studio su questo vino del Collio con la sua pubblicazione “Ribolla Gialla – Vitigno di frontiera”. E' cosi che ho imparato che la ribolla “corrisponderebbe all'"Avola" (" Evola") dei romani…ma il primo documento per tale vino è un atto di vendita (tipico) ed è del 1299….la presenza del vino Raibola (o Ràbola) dell'Istria e del Collio, nel Friuli…..documento stilato ad Udine nel 1324…La Ribolla veniva offerta come segno di devozione ai luogotenenti… devozione ad illustri personaggi……documentazioni in tal senso risalgono agli anni 1365-1368-1393. Come segno di omaggio nel 1565 il Comune offriva al Patriarca Marquardo, per la sua prima venuta ad Udine, un'orna del vino Ribolla (vegiete Rabioli)……nel 1568 offriva al Duca di Baviera 28 bocce di Malvasia e 26 bocce di Rabiola. Inoltre il Senato Veneto invia all'Imperatore Carlo V "do bote de vin" di Rosazzo (Ribolla). La fama della Ribolla ebbe così modo di espandersi, tanto che verso la fine del '300 il "Rainfald" era variamente decantato da cronisti e poeti tedeschi…..
La Ribolla era anche un vino protetto infatti “una ordinanza datata 28.12.1446, contro coloro che commettevano la frode di smerciare del vino "forensem" "dicentas quod sit Ribola cum non sit...la protezione di cui godeva tale vino risulta anche da un documento della città di Fiume del 1445, in cui si disponeva che ogni partita di Ribolla fosse accompagnata da una dichiarazione ufficiale del luogo di provenienza…..”. Documenti del 1767 lamentano la decadenza della Ribolla (la Ribuole), è dell’ottocento la sua espansione invece a territori non tipici e nel novecento, anni trenta, il suo rilancio vero e proprio.
Mica cose da nulla eh??? Ora però passiamo alla bottiglia dei “Conti Formentini”.
Colore giallo scarico, quasi bianco, con unghia gialla piena ma con dei riflessi verdini ampi e bellissimi, una bellezza vederlo scorrere nel bicchiere.
Il profumo è pieno , denso, carico, floreale e con forti sensazioni di bosco per un ingresso al palato inizialmente lieve e sopito, subito si apre nei suoi sapori di prugna matura, equilibrato, decisamente molto sapido, strutturato e pieno ma non invadente nella sua chiusura al sapore di agrume a bassa acidità.
Ho assaggiato un vino deciso, un vino impegnativo ma non troppo, insomma un vino buono. Da sentire questa produzione ma mi raccomando gli abbinamenti, non è un vino banale, non trattatelo con sufficienza perché, secondo me, non sa stare al gioco. E’ un tipino serio questo vino, del resto con i trascorsi che ha !!.

giovedì 13 gennaio 2011

IL RUGBY HA/A DUE FACCE : ROVESCIAMOLI


Il rugby tricolore ha acquisito la vocazione del “mondo alla rovescia” , la vena di un romanzo di fantascienza, il verso di un gambero. Noi che seguiamo l’ovale un po’ di più di una partita il sabato siamo presi non da analisi tecniche su un campionato, lo chiamano di “Eccellenza”, che ha ben poco da dire, ma dalle evoluzioni della FIR e dai risultati delle sue pensate.
Per continuare a leggere questo post clicca su Continua

.

Partiamo da questo campionato di Eccellenza la cui principale caratteristica è che metà delle sole dieci squadre iscritte hanno in piedi una moratoria con istanza di quasi–fallimento economico, un campionato che non risparmia sorprese ma semmai le annulla nel vuoto mediatico in cui si è ficcato. Un campionato così palesemente semi-dilettantistico che la vera eccellenza di solito è su in tribuna che guarda la partita. Profilo tecnico vicino allo zero, giovani emergenti zero, stranieri a volontà, pubblico scarso.
Non parliamo del Trofeo Eccellenza, la genialata federale per sostituire la Coppa Italia, tanto nessuno sa cos’è e quello che lo vincerà verrà incolpevolmente ricordato per il fatto che ce ne siamo dimenticati.
Quattro squadre della Eccellenza partecipano anche al torneo continentale di Amlin Cup collezionando figuracce e batoste incredibili fra le quali, storica, spicca quella del Petrarca andato a perdere con disonore in terra di Spagna, che è un po’ come se io perdessi in mischia con mio figlio di 8 anni. La vergogna raccolta in terra iberica è stata accolta dai padovani da vera squadra di Eccellenza: una scrollata di spalle, una ammenda al giornalista locale, un pensiero ai tempi andati ed un “va tutto bene madama la marchesa”. Povera maglia.
Due squadre sono in Celtic League, la Benetton Treviso e gli Aironi, di fatto sono tutto il rugby tricolore. E’ presto per fare bilanci ma comunque il risultato generale è per ora senz’altro molto positivo. Le due squadre però , piene zeppe di stranieri, lasciano in panca o molto spesso in tribuna gli italiani (nazionali inclusi), a volte li ricoverano altrove (in Eccellenza). Il caso di Marcato, ricoverato temporaneamente dai trevigiani in casa petrarchina , la dice lunga sugli assetti del rugby italico. Il ragazzo arrivato a Padova a Novembre spera di andarsene già a Febbraio. Nemmeno nel calcio.
Ecco che la Federazione vuole allora più spazio nella gestione delle squadre celtiche e, dall’altra parte, riceve garbate e meritate pernacchie. Il perché me lo riassumeva tempo fa un autorevole personaggio trevigiano sugli spalti del primo derby celtico fra italiane: “non sanno nemmeno gestire se stessi e vogliono venire qua?......”
La Federazione gestisce la Nazionale i cui risultati sportivi sono molto più che deludenti, l’ha detto il Presidente stesso, ma in compenso il pessimo allenatore sudafricano Mallett è saldo al suo posto e, dopo aver spernacchiato pubblico e addetti ai lavori sulla stampa con la sua nota ultima uscita che ci diceva che noi di rugby “capiamo un c…o”, ci porta ora al Sei Nazioni ed ai Mondiali. E’ già pronto il suo sostituto, gli darà il cambio appena chiusa la parentesi iridata, ma il coach Mallett (quello che del c...o sa tutto lui) va lo stesso tranquillo ai Mondiali di Novembre. Dimettersi ? Dimissioni spintanee neanche ? Fantascienza.
Fra un po’ c’è il Sei Nazioni appunto e noi accoglieremo le altre Nazionali in uno stadio, il Flaminio di Roma, troppo piccolo e ridicolo sia come servizi che come gestione eventi. Non lo dico io lo dice il Board del Sei Nazioni che ha minacciato più volte l’Italia di escluderla dalla competizione se non si mette a posto. La Federazione, per motivi squisitamente politici, nulla fa, tanto meno spostare l’evento in altri stadi. La politica viene prima di ogni altra cosa. Il Presidente esibisce giusto qualche urletto sulla stampa verso il Comune di Roma. Federalismo.
La FIR, sempre lei, aveva venduto a Dahlia TV la diretta delle partite di Celtic League di cui sopra. Perché Dahlia ? Motivi economici, paga di più, ci ha raccontato il massimo organismo ovale. Peccato che a soli tre mesi dall’esordio ovale Dahilia sia fallita e i celtici si trovano senza diretta tv (obbligatoria per la Lega in questione). Mi chiedevo quali “motivazioni economiche” possano aver convinto i federali per la scelta.
Se i parametri sono quelli che vedo, io potevo personalmente offrire anche una cifra in euro doppia di quella proposta da Dahlia Tv per le partite di Benetton ed Aironi, chiaro che io quei soldi non li ho , ma neanche Dahlia ha i suoi. Gamberismo.
Ne avremmo ancora molte da raccontare ma ci si ferma qui perché altrimenti si rischia di sporcare il buono che c’è, perché c’è eccome.
Il rugby italiano è infatti una medaglia con due facce, dietro il sopracitato caos c’è il rugby vero, quello dalla Under 8 in erba alle Under 20 in gran spolvero, c’è il rugby delle categorie inferiori (andatevi a guardare le Under 18 e 20, la serie B, la A Femminile) che di questo sport sanno farne anche uno stile di vita.
Mi piace guardare questo lato della medaglia, perché è bello, è diffuso ma soprattutto è vero.
Giriamo allora la medaglia , rovesciamoli.
.

sabato 8 gennaio 2011

DUE ANNI DI BLOG STEFANO IL NERO


Tutto è cominciato due anni fa, otto di gennaio esattamente. Due anni di "Stefano Il Nero". Wow.
Questo blog ha compiuto due anni ed ha fatto una piccolissima impresa, non solo perchè ha superato la fase critica della sopravvivenza ma perchè dopo circa 155 post e oltre quattrocentomila battute ha trovato la sua dimensione, ha trovato il perchè stare in rete e ci sta bene. E' rimasto un blog di accessori, missione compiuta, per le cose serie altri sono e devono essere gli ambiti e le dimensioni.
E' rimasto un blog che parla del vino come gusto, storia e territorio. In ogni wine-post questa è la ricetta. Stefano Il Nero è uno dei rari wine-blog scritto da un consumatore/appassionato del vino invece che da un professionista del settore.
Certo, direte voi, la differenza si vede, io però non posso farci niente perchè è già andata anche troppo bene così e per questo ringrazio sinceramente tutti i professionisti del vitivinicolo (molti blogger, giornalisti, uomini di marketing, enologi, osti vari e capi-cantina) che mi sono venuti e mi vengono incontro, che mi aiutano direttamente ed indirettamente a realizzare questo progetto, ovvero questo blog sgangherato ed irriverente.
Ha parlato di rugby come stile e valori e nulla più. E' stato facile, è uno sport che mi appassiona moltissimo e che sa fare "stile e valori", uno sport nel quale sono anche impegnato direttamente. Il rugby è "un accessorio" che educa davvero.
La prima cosa che ha tenuto in vita però questo blog è stata la autentica passione del suo autore per lo scrivere; è questa la vera passione, già nota, che nel blogging si è rivelata oltre ogni altra. Vedremo cosa saprà fare.
Auguri "Stefano Il Nero Blog" sono stati due anni belli, AUGURI E GRAZIE A TUTTI VOI che tornate qui a leggere le strampalate ironie e quasi-competenze di questo blogger. Grazie davvero.





martedì 4 gennaio 2011

L' AMARONE CLASSICO DOC 2005 LUIGI RIGHETTI MI SUGGERISCE UN PAIO DI COSINE PER IL CONSORZIO VALPOLICELLA......


Capita che fra amici, in questi giorni di festa, per onorare tavola e far felice il sottoscritto, si sia dato aria ad una bottiglia del pregiato veronese ed è così che mi si è parato davanti “Amarone Classico DOC 2005” della Luigi Righetti Azienda Vinicola di Marano di Valpolicella (Verona) che ringrazio per avermi suggerito, in punta al bicchiere, questa riflessione che incentiva la mia anteprima all’Anteprima Amarone 2007.
Infatti, presi i miei sani appunti di mesta ma tenace degustazione, il giorno dopo, vista una etichetta un po’ “scarna”, vado a vedere su internet se raccatto qualche informazione di questo Righetti che, non me ne voglia, non conosco. Sulla rete trovo il buio, alla fine scovo un www. che riporta una foto di una cancellata (cos'è un fabbro? ma non produceva vino??) con retrospettiva di villa e sovraimpressione di partita iva e…registro delle imprese….informazioni sul suo vino zero ed il marchietto “Classical wine from Verona since 1909 …” non mi dice molto sul contenuto di corvina rondinella e molinara o sul suo metodo di appassimento….(ammesso sia lui il Righetti che cerco) .
Un sito internet che è una foto! Nel duemiladieciundici?
La intera cosa mi suggerisce due punti: prima di tutto sulla bottiglia e poi una cosina per il Consorzio Valpolicella… .
Per continuare a leggere questo post clicca su Continua.
.

Punto uno: l’amarone del Righetti.
Questa bottiglia del suo Amarone Classico DOC 2005 arriva in tavola aperta da due ore, temperatura 18°, tutto bene. Un bel colore rosso anche brillante ed un buon naso importante di ciliegia matura è il suo biglietto da visita, il naso percepirà poco dopo un ritorno di legno. In genere profumi tondi e garbati, senza fronzoli (ma anche senza fantasia) appena percettibile la sua nota alcolica che farebbe 15°. Palato tipico che ritorna al naso, bevuta ampia , subito allappante e, dopo, molto persistente di ciliegia, nella persistenza si mantiene sufficientemente gradevole e tondo. Decisamente un vino un po’ spigoloso e non amabile che lo classificherebbe così nella categoria degli “amarone punto e basta”. Grazie Righetti di Marano, andava bene così. ( Sssstttt…prezzo della bottiglia in enoteca, mi hanno confessato, 25 euro circa).
Punto due: l’Amarone ed il suo disciplinare.
Caro Consorzio Valpolicella, continuo anche in questa occasione a dare presuntuosamente consigli non richiesti proprio a te che tutto sai dello scibile amaronista. Quindi insisto, aggiorno e integro i contenuti sui quali, io credo, sarebbe d’uopo la prossima Anteprima Amarone 2007 (28/30 gennaio 2011 a Verona) ponesse gli occhi e….anche qualcosa di più.
Penso i disciplinari di certe “prestigiose denominazioni” debbano cominciare a contenere nuove indicazioni, utili al consumatore ed al mercato. Affermare una supremazia di prodotto e di qualità come vuole fare il mondo dell’Amarone, significa anche affermarsi a livello di innovazione totale verso chi questa “qualità” la deve percepire, le note degustative sono infatti solo un aspetto ed anche il meno frequente fra il pubblico.
Essere “Amarone” deve poter essere qualcosa di più, il suo disciplinare deve andare più a fondo, deve uscire dalla cantina, deve guardare il mondo.
Si potrebbe anche affermare che non si può essere produttori di “Amarone” ovvero parlare al mondo, ovvero parlare così tante lingue (e non solo il dialetto veronese per favore) se l’etichetta non contiene le specifiche di prodotto e di produzione: in italiano ed inglese, tanto per cominciare.
Si potrebbe anche affermare che non si può essere produttori di “Amarone” se non si intesta alla propria azienda uno spazio sul web adeguato a dar conoscenza al mercato ed al mondo di quanto si produce, di come si produce, della quantità di produzione ecc. ecc, insomma del perché questo nettare delle migliori uve veronesi è davvero, perché lo è, una eccellenza del nostro territorio e dell’Italia tutta.
Cominciare a ragionare su questo, caro Consorzio, forse potrebbe dare quel colpo d’ala che manca, eccome se manca. Dire che informare e comunicare sono parti del produrre è il vero salto di qualità, altro che stampare una “A” sulla etichettina carina e medioevolina, ben altre sono le cose che possono ingigantire il mercato.
Caro Consorzio Valpolicella, vuoi ancora con il tuo Amarone conquistare il mondo allora sappi che “Il mondo è simile alle donne: con verecondia e con riserbo da lui non si ottiene nulla” (Giacomo Leopardi)

Pubblicato anche su Terroiramarone.net

.