Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

domenica 28 novembre 2010

RUGBY LAMBRUSCO E FIJI....BENVENUTI A MODENA

Si rinnova ancora una volta lo spirito di questo blog, palla ovale e buon vino e così……

Siamo andati in quattro a caccia di rugby & lambrusco, direzione via Emilia, giornata di sole novembrino; questa è la cronaca di una giornata a Modena e provincia con Italia- Fiji incontro internazionale di rugby e lambrusco in varietà, vitigno emiliano dop.
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Il rugby ha fatto centro, Italia – Fiji era partita da vincere e i nostri l’hanno fatta anche se di marcare una meta non se ne parla. E' stata una questione di calci piazzati, un primo tempo bruttissimo ed un secondo solo sufficiente sono bastati perché, anche se i fijani la meta l’hanno anche fatta, hanno tirato meno calci e di quelli avuti ne hanno infilati meno. Italia 24 Fiji 16 e lasciamo ora a Mallett, impudente coach della nostra nazionale di rugby, sperticare per questa vittoria, nulla potrà mai cancellare la mediocrità della sua gestione del rugby italico. Speriamo la Federugby ci regali presto un motivo per sperare che si può più di così, che il nostro rugby può tornare a farci sorridere, ad essere frizzante e piacevole, come un lambrusco. Altro che la pizza fredda che ci propina lo spocchioso Mallett.
Il dopo partita si è dipanato fra i giusti onori recapitati ai tre monumenti Patrimonio dell’Umanità decretati dall’UNESCO in Modena, Piazza Grande, Duomo e Ghirlandina, ed una cena sapientemente organizzata dal Siro in zona San Prospero, una ventina di chilometri più a nord, provincia profonda, di Modena naturalmente.
La Ghirlandina in verità non l’ha vista nessuno, incappucciata da fantasiosi teli stile "ohcomesonoculturaloide" lei si gode il suo restauro nascosta e silenziosa, tornerà presto a farsi ammirare.
Poi è toccato a lui ! Il lambrusco ha una varietà di vitigni sparsi fra le provincie di Mantova, Reggio nell’Emilia e Modena, di questi ultimi si occupano sia il Consorzio Tutela del Lambrusco di Modena sia il Consorzio del Marchio Storico dei lambruschi modenesi e chissà perché in Italia un solo campanile non basta mai.
La serata prevede dichiaratamente una esplorazione sulla metodologia operativa per affrontare, chiacchierando sulle magnificenze dei calci di Bergamasco e dei dritto per dritto di Vilivuli, la cucina modenese.
La tavola di questo pezzo di Emilia divaga su tre direttrici: maiale, aceto, lambrusco
. E' ampia, ricca, grassa, opulenta e sontuosa, perfetta per un vino minerale, fresco, sempre giovane, di grado modesto e soprattutto frizzante. Modena ama il suo lambrusco come questi ama la sua Modena.
Si srotola il menù: entrano in scena gnocco fritto ed affettati, tigelle e formaggi cremosi, due divagazioni di confine con lo strolghino prima (eccellente) ed i tortelloni ripieni di zucca poi. Un pinzimonio timido ed alcune gocce di Aceto Balsamico Tradizionale di Modena guardano passare un guanciale commuovente ridotto su polenta.
Quale lambrusco per cotanta occasione? I tre re che scegliamo si sono spalmati nella serata con vena competitiva: prima il LAMBRUSCO DI SORBARA vino spiccatamente di buona beva, di colore viola, vinoso ma non troppo, fruttato con la sua fragolina sempre presente ed un profumo delicato a farle da contorno. Scorre il menù e guardando verso la tradizione arriviamo al LAMBRUSCO MARASCONE, ovvero laddove le uve di sorbara, salamino e grasparossa si incontrano e danno luogo ad un vino scuro come la notte che rilascia gusti più intensi e carichi, frutta nera pesante, profilo molto secco, c’è più “terra” nel marascone.
Il finale lo lasciamo gestire ad un LAMBRUSCO SALAMINO DI SANTA CROCE che ci fa conoscere un lambrusco più elegante sia al naso che all’assaggio, fine, meglio strutturato, il frutto è più delicato ed il passaggio sul palato armonioso. Un capo d’elite.
Giornata ricca di emozioni per gli audaci della spedizione emiliana: Siro, Stefano Il Nero, Luca e Claudio, quattro amici ed appassionati ovali in giro per questa Italia sempre così dolce ed affascinante, inseguendo le tracce del nostro rugby e le tradizioni della nostra gente.
Grazie Modena, grazie di tutto.

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venerdì 26 novembre 2010

L'ETICHETTA AMMALIA , IL SONDAGGIO PARLA CHIARO LA BOTTIGLIA SPESSO NO

Vi è mai capitato di dire “Buono questo, da provare” indicando una bottiglia e poi ricordarvi che in verità quella bottiglia è forse la seconda volta che la vedete e sempre con il tappo rigidamente serrato sul collo ? Niente di male tutto nella norma.
Cioè, come degustatori e opinion leader del vino, la cosa è di una certa gravità ma lo dicono le statistiche: l’etichetta ammalia.
Più delle curve della Bellucci, più di una corsa di Jonah Lomu, più del barbisio di Raul Bova, l’etichetta di una bottiglia in un wine-lover può istigare alcuni dei peggiori istinti, dimenticanze e bugie, ripensamenti e pentimenti.
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Buono questo, da provare” ….poco dopo arriva la rimembranza e con essa il pentimento, vi ricordate che era una fetecchia o un vero nulla di speciale, vi viene in mente che il profumo di fiori era scialbo o il perlage decadente, ma però quella etichetta che bella che è, con lo stemma araldico o il disegno naif giusto sotto il nome “brunello” o “barolo” o “amarone” ….ma come si fa …e poi quella citazione latina proprio li davanti….ed il carattere “lucida calligraphy” o il “century gothic” che eleganza!
La statistica parla chiaro e, ringraziando il portale “i numeri del vino”, cito un breve riscontro sull’impatto della confezione nel mondo del vino, una analisi su 500 persone poste di fronte alla scelta di acquisto su vini mai assaggiati prima:”L’aspetto esteriore della bottiglia ha la sua importanza. Il 40% dei consumatori analizzati ha considerato l’etichetta, mentre soltanto il 30% ha considerato l’origine e la classificazione del vino. Anche il colore della bottiglia ha la sua importanza (20% dei consumatori), mentre il 12% danno anche peso alla forma della bottiglia. Quindi, sommando i tre parametri relativi al confezionamento (forma, colore e etichetta), arriviamo al 70%.”.
L’etichetta è parte del prodotto, oggi come oggi, nella tremenda società dell’immagine che viviamo, un abito forse può non fare il monaco ma un buon vino magari si.
Una volta in più ci tocca tirar le orecchie alle troppe cantine che pensano alla propria etichetta come ad un sintomo di produzione più che ad un biglietto da visita, insomma cari produttori il brand e lo stile oggi sono ineludibili se si vuole fare strada ma una etichetta deve dire/dare di più !
Diciamoci allora una cosa : l’etichetta è prima di tutto una fonte di informazioni per il consumatore oppure uno specchietto per le allodoline o peggio un sistema per “acchiappabischeri”?
Posta così la questione dimostra un suo lato “forte” al quale pochi grandi produttori sono arrivati : l’etichetta è una grande occasione per i produttori stessi per educare i clienti al consumo, al consumo di cose buone, fatte con i dovuti crismi, selezionate con cura, insomma l’etichetta potrebbe essere un metodo di selezione nel mercato messo a disposizione del consumatore. L’etichetta in questo senso potrebbe essere elemento meritocratico o almeno secondo me andrebbe imposta così per la maggior parte delle nostre bottiglie e diciamo sicuramente per le DOCG, come minimo.
Ho rigirato in mano molte volte eleganti bottiglie ricoperte di lussuose etichette e mi sono fermato a leggerle, spesso ho trovato un vuoto oltre il simbolone o il parolone, ed una inesauribile dose di furberia.
Bono ‘esto, da provare bada …percheeeee??? Ma l’hai vista l’etichetta ???? Ecche voi trovare con una etichetta così….i’meglio….ovvio no ?”.
No.

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martedì 23 novembre 2010

L' ALTRA TOSCANA IMPORTANTE: LUPICAIA 2000 IGT


Un colore scuro come la notte più buia, una densità apparente che non lascia dubbi, un naso forte intenso ma largo, più che corposo è più giusto definirlo “importante”, profumi di frutta rossa accentuata ed una spiccata vena di dolce, è un rigagnolo di dolcezza in tanta aggressività.
Al naso è anche un po’alcolico ma solo poco poco, del resto il volume fa quattordici, mica noccioline….anzi si anche un profumo di noccioline, bruciacchiate però.
Passiamo all’assaggio, ha un ingresso appunto “importante” si da le arie di alcuni nobili vini rinomati che si coltivano poche decine di chilometri più a sud, persistente, smaccatamente minerale con note vanigliate e tannini in quantità, decisamente strutturato ma sempre composto, ostinato nella sua complessità fin sul suo finale: ampio, veloce e grave.
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Si sente il tocco di Merlot (10%) in questo uvaggio a base di Cabernet Sauvignon (90%), gli evita una struttura tutta muscoli tipica di certa altra ammirata Toscana.
Il mio Lupicaia IGT Toscana del 2000 faceva capolino dallo scaffale da tempo, avevo deciso quando ve lo avevo coricato che gli avrei regalato un po’ di anzianità e così è stato: ha superato la prova in maniera brillante.
Al Castello del Terriccio il Lupicaia è un vino di punta, si produce dal 1993 ed è il prodotto della svolta della tenuta dopo il suo passaggio al Cavaliere Rossi di Medelana, uomo noto al mondo, e non solo quello vitivinicolo, per la sua impareggiabile vocazione alla vita, uomo handicappato, ed al successo. Devo farmela raccontare la sua storia, Africa, Australia, la tenuta, il grano ed il vino. Wow!!
La mia bottiglia del 2000 una delle trentamila prodotte, ha giocato in barrique per 18 mesi, è andata in vetro nel luglio 2002 (così dicono le cronache). Il suo nome prende le mosse proprio dal “lupo”, la lupicaia è terreno di caccia al lupo, ora ci sono i vigneti, meglio così, conosco dei lupi io (ed anche voi) che meriterebbero si una caccia aperta, ho in mente un paio di posti io da segnar a “lupicaia”…..
Comunque a me questa Toscana “importante” è piaciuta molto, adesso buona caccia anche a voi.
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giovedì 18 novembre 2010

WINE WEB & WINE BLOG: NON VA TUTTO BENE ...MADAMA LA MARCHESA


“Maso rispose che le piú si trovavano in Berlinzone, terra de' Baschi, in una contrada che si chiamava Bengodi nella quale si legano le vigne con le salsicce……e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia, della migliore che mai si bevve, senza avervi entro gocciola d'acqua”
(G. Boccaccio - Decamerone)


Salve popolo lettore , sei abbastanza rassicurato ? Sei felice, leggiadro, aureo e rilassato ? Hai visto come tutto va bene nel vitivinicolo? Ma come non li leggi i blog del vino ? Un florilegio di mostre (belle), degustazioni (ottime), nuove guide (interessantissime) e complimenti in formato espanso per chiunque, ma veramente chiunque. Popolo lettore stai sereno va tutto benissimo, sei arrivato nel Paese di Bengodi.
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Ninuno lamenta problemi settoriali, tanto meno una mostra/fiera/degustazione andata male, nessuna guida dice stupidaggini e nessun vino è proprio da buttare via, le degustazioni a tema poi, bhe di quelle è scritto sempre bene; se queste ultime poi propongono vini esteri allora qualcuno apre al visibilio declamando sensibilità tutt’ora sconosciute al settore vitivinicolo, avanguardie declamanti dichiarazioni del tipo “altro che i tannini questi c’hanno il wi-fi!”.
Non ci avete capito niente? Ah bhe, chi ogni tanto passa da questo blog ha già capito: mi lamento della piattezza degli argomenti che la rete propina ai wine-lovers, mi lamento della mancanza totale di idee, della mancanza di dibattito su un qualsiasi povero, misero argomento.
La stessa schiera di wine-blogger che fino ad un paio di anni fa sciorinava idee e rendeva frizzante il wine-web ora partorisce figli unici (tutti perfetti ed educati) a ripetizione, ogni vip-wine-blogger sta poi ben attento a non considerare la esistenza del vicino di blog.
Ognuno dei vip-wine-blogger ha movenza di chi è convinto di essere l’unico wine-blogger al mondo, dietro e davanti ad ognuno di loro sono tutti convinti vi sia un cartello: “Hic sunt leones”.
Qualche scossone qualcuno lo da e c’è forse qualche eccezione, ma non basta.
Approfondiamo però un passaggio e parliamo dei “casi patologici”.
Parliamo di coloro che si lamentano a tutta voce, anzi a tutto blog, del fatto che il mondo del vino non tiene abbastanza in considerazione la rete, per loro la vita dovrebbe essere un buzz o un twitter ed i viticoltori invece si ostinano a zappare la terra.
In verità la wine-rete di oggi è noiosa, dice sempre le stesse cose, pare sia diventata, grazie ai troppi blogger che si occupano di marketing invece che di vino, “solo” (spero di sbagliarmi) un modo per abbindolare clienti
Più i contenuti decadono in una noia mortale più gli amici di cui sopra pensano che la rete sia davvero interessante per tutto il mondo vitivinicolo, perché ? così, alla Totò, “ a prescindere”.
La patologia è evidente, nella loro mente da tempo l’I-Pad si è sovrapposto alla bella immagine di vigna che avevano un tempo, il mezzo ha ampiamente superato il fine, l’obiettivo non è "il gusto" ma la vendita ed ecco allora arrivati puntuali i salamelecchi in rete, per chiunque.
Cari amici wine-blogger bravi ma noiosi svegliatevi! Il wine-web non è un immenso contenitore pubblicitario e trattarlo così è il modo migliore per ucciderne l’esistenza minandone la credibilità. Il blogger è nato per dire, discutere, rilanciare ed amplificare, il wine-web o è una “comunità” espansiva e sapida o perde il suo senso originario, perde il segreto del suo successo, la solitudine non è web.
La community oggi non è tale e, senza community, non c’è www che tenga.
Pensateci.
Adesso fate pure tutto il silenzio che volete, io la mia l’ho detta, senza tema: qui non va tutto bene…. madama la marchesa.
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venerdì 12 novembre 2010

DUCA DELLA CORGNA, TRASIMENO GAMAY DOC 2003. IL BUCOLICO.


Castiglione del Lago è un paesino molto bello; situato in provincia di Perugia su di un lungo promontorio che entra nel Lago Trasimeno, Castiglione è una cittadina ricca di storia e di minute tradizioni. Fateci un giro, visitate la Fortezza, la bella cinta muraria il centro storico e soffermatevi sul Palazzo dei della Corgna, i signori castiglionesi dal cinquecento in poi.
Lo so che avete già capito tutto, ovvio che si, a Castiglione sul Lago c’è anche una prestigiosa cantina umbra: Cantina del Trasimeno.
Girovagando fra storia e tradizione il Trasimeno ci ha portato in Francia, anzi no a Castiglione….insomma…tutti e due, l’assaggio però è ormai italico: Duca della Corgna Divina Villa Trasimeno Gamay DOC 2003.
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E’ intitolato al Duca della Corgna la linea vini più raffinata della Cantina del Trasimeno ed il perchè ora vi salta all’occhio. Compiendo il docile abbinamento fra l‘assaggio sopra titolato e la storia del luogo si intuisce che furono proprio i Corgna, esattamente Corniolo della Corgna nel milletrecento circa, ad importare questo vitigno autoctono dalla Borgogna e farne materia di vanto umbro.
La storia comunque c’entra ancora con questo vino che si fa , dichiara la Cantina, con “circa 12 mesi in barriques di rovere francese collocate nelle storiche cantine del Palazzo cinquecentesco del Duca della Corgna a Città della Pieve”. Verità o suggestione ? Però è bello.
Finita l’epopea del barriques il nostro Trasimeno Gamay si fa altri sette mesi in bottiglia, santa pazienza!!!
La bottiglia prelevata ed assaggiata, una delle trentamila di questa qualità prodotte dalla Cantina del Trasimeno, è un buon 2003 con un grado alcolico dichiarato a quattordici ed una versatilità all’assaggio non comune.
Diciamo subito che aprire questa bottiglia stata una idea decisamente felice, bella cosa davvero.
Colore rosso scuro anzi di più diciamo carico, quasi Nero, l’occhio vede un vino di buon corpo, media densità, il colore profondo e deciso che quasi intimidisce.
Il naso rivela una bella esperienza: profumo caldo, tondo, pieno, carico di note di bacca rossa, bello! Finalmente scivola sul palato, ingresso amabile ma subito diventa sfuggente e calibrato. Alcol sempre ben nascosto per questo Gamay che si dimostra ricco di sapori ampi e pieni, un vino saporito! Persistente solo in apertura poi subito ritorna in armonia e sprigiona un bouquet fatto di terra e di vite bagnata. Un vino bucolico in equilibrio con se stesso: non è aggressivo e non è leggiadro, non è troppo pungente e non è nemmeno troppo amabile.
Per viverlo veramente questo Gamay bisogna anche saperci stare insieme e se lo fai scatta la scintilla, eccome che scatta. Parola di Stefano: Il Nero
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sabato 6 novembre 2010

LA FOTO DELL'ANNO DEL RUGBY MONDIALE PARLA AL CUORE


Chi mi conosce sa che questa cosa mi regala una grande emozione e non posso fare a meno di lasciarvela e soprattutto lasciarla qui ad alcuni amici che so transitare da questo blog e che si faranno con me una serena lacrimuccia.
L’IRB (International Rugby Board), ovvero l’organismo internazionale del rugby, ha scelto la sua foto dell’anno che sta volgendo al termine (vedi qui sopra).
Scattata nell'orfanatrofio di Kolkata in India la foto raffigura un gruppo di ragazze ospiti della struttura che giocano a rugby per la prima volta. Mai un pallone da rugby mi è parso nelle mani più giuste.
Gira l’ovale nelle mani di queste sorridenti ragazze immortalate da Richard Lane che ha intitolato la sua foto “Bengal Khuki”.
Il mondo sarà più bello quando di queste ragazze potremo vedere solo quel sorriso, quel sorriso oggi regalato da quella palla ovale ma che domani potranno mostrare guardando alla loro vita.
(Clicca sulla foto per vederla ingrandita )
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