Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

mercoledì 29 dicembre 2010

ASSAGGI A PIU' VOCI: THE BEST OF NATALE 2010 E DINTORNI


Quando arrivano i momenti conviviali, inclusi quelli che vivono delle meravigliose feste natalizie, mi piace approfittare dei palati dei molti amici che incontro per condividere bottiglie ed assaggi vari. Costringo amici prima inconsapevoli a degustazioni lampo. Alla fine metto insieme una serie di appunti a più voci che mi servono moltissimo per uscire dalla aurea mediatica di degustazione “specializzata” ed ascoltare invece i gusti e le tendenze della gente comune, di quelli che il vino lo apprezzano così, per quello che è, lo vivono bene anche senza i pistolotti di molte autorevoli grandi firme della critica vitivinicola. Così anche in questi giorni ho collezionato qualche buon assaggio che vi voglio riportare qui sotto con il plus che, mi ripeto, le impressioni qui sotto riportate sono a più voci. Vediamo in ordine sparso cosa ne è venuto fuori girando fra merlot, prosecco, barco, chianti, lambrusco, sauternes e moscato.
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Le qualità di Bosco del Gal , il brand di punta di Cantina Castelnuovo del Garda, è riconosciuta ma andate a scovare il suo Nero Assoluto 2007, è un merlot cioccolatoso al naso, grave ed intenso, profondo nella bevuta e molto equilibrato. E’ vero che su questo Stefano Il Nero ci ha vinto un concorso, a suo tempo dissi di lui “E' il filo di cioccolata il suo modo di essere vanitoso ed il suo stridere acidulo il suo modo di essere amabilmente leggero. Un tocco di versatile caparbietà" . E'un vino da non perdere.
Esce dalle capienti cantine di Valdobbiadene il Crede Prosecco DOC Spumante Brut di Bisol, un uvaggio di prosecco (85%), pinot bianco (10%) e verdiso (5%), che ha stupito la tavola: bello il perlage, colore giallo molto scarico e profumi di frutta bianca leggeri e gradevolissimi, assaggio con pera in evidenza, sapido ed elegante. Che prosecco !!
Una mia piccola passione della Toscana che “conta meno”è il Barco Reale. Territorio di provenienza Carmignano, provincia di Prato, questa volta abbiamo preso il Barco Reale DOC 2007 Cianchi Baldazzi Villa Il Poggiolo. Tredici gradi piacevoli e con tannini non esagerati. Profumo leggero di viola, bevuta leggera e veloce, acidità finale non esasperata. Media struttura. Ci stava proprio bene in tavola, faceva….amicizia.
Abituatevi a sentir parlare di Lusvardi, l’ultimo suo rosè l’ho maneggiato ieri sera. Il giorno di Natale, è andato in tavola, in apertura di pranzo, il suo Lusvardi Lambrusco Brut Vino Rosso Spumante. Docile e profumato di frutta rossa di bosco, lampone a non finire alla bevuta, bella chiusura sapida. Non strutturato, gradevole, scorrevole, in armonia con la tavola. Ottima idea da San Martino in Rio, provincia di Reggio nell’Emilia.
Un successone e complimenti a scena aperta per uno strutturato da grandi occasioni: Fonterutoli Chianti Classico DOCG 2007 Mazzei. Rosso intenso il colore, nel bicchiere è pesantino, grande naso con profumi tipici larghi e molto definiti, si sente bene il legno; nella bevuta tannini protagonisti, persistenza alta e lunga struttura al palato. La potenza della grande eleganza. Ottimo per tutti.
Un vino dolce senza svenare il portafoglio? Ci siamo affidati ad una delle cantine più popolari del mondo bordolese: Kressmann. Abbiamo messo in tavola il suo Grande Reserve Sauternes AOC 2008. Al naso dolce ma non debordante, una sensazione che richiama il nocciolo della rosa canina, note alcoliche solo accennate, rotondo anche al palato con note di miele ed una puntina di pizzicante agrume verso la fine. Va davvero bene così.
Merita una nota una produzione del Castello di Banfi, un marchio che ne fa tante e che ha fra le sue anche le Vigne Regali con un moscato che mi ha aperto un amico e che ho trovato più che gradevole. Vigne Regali Asti DOCG Dolce. Perlage bellino, naso di pesca piena come si dice dei buoni moscati, beva gradevole e leggera, senza esagerazioni, decisamente elegantino, forse un po’ fuori equilibrio ma è davvero una bella bevuta, anche lunga.

Fermiamoci qui, è stato un bell'incedere e ci siamo divertiti ma sopratutto è’ stato Natale, è stato Famiglia. Grazie a Dio.

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venerdì 24 dicembre 2010

AUGURI DI UN SERENO NATALE

Per noi Dio non è un’ipotesi distante,
non è uno sconosciuto che si è ritirato
dopo il “big bang”. Dio si è mostrato
in Gesù Cristo. Nel volto di Gesù
Cristo vediamo il volto di Dio.
Nelle
sue parole sentiamo Dio stesso parlare con noi.
(Benedetto XVI)

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".......La grazia è la bellezza di Dio che mi raggiunge dentro....... .
Per questo è facile riconoscere Gesù oggi, duemila anni fa come oggi, perché è bello. È semplice perché è bello, bellissimo. E se voi siete qua, immagino che tutti voi che siete qui davanti a me questa sera, è perché sapete di cosa sto parlando,perché avete incontrato la sua bellezza. A volte incontri certi ragazzi che studiano, lavorano, si trattano in un modo così bello, che non puoi non stare a guardare. Sono ragazzi, uomini, famiglie, adulti, gente che lavora. Gente così bella, perché ha dentro ciò di cui, quando vai a casa tua, senti la nostalgia e desideri potentemente vedere. Non capisci magari cos’hanno, ma quando ti allontani da loro ti viene una nostalgia di bellezza dentro, che ti vien voglia di rivederli, devi guardarli. Questo sei tu: tu, Gesù. Solo tu puoi rendere così belle le cose umane, così semplici ma così piene di quella bellezza che ridesta il nostro desiderio e lo compie. Duemila anni fa, diceva don Giussani, lo vedevano con i capelli al vento, lo guardavano parlare con la bocca che si apriva e si chiudeva. Adesso ci arriva addosso, lui, lo stesso Gesù, con queste presenze, con questi uomini, con questi ragazzi, «come fragile pelle, come fragili maschere di qualcosa di potente che è Lui che sta dentro». E come duemila anni fa il sacrificio consisteva nel trapassare l’apparenza di un falegname, di andare al di là, così per noi occorre il sacrificio di trapassare l’apparenza di questa fragile compagnia: ma quella bellezza può essere solo lui.
Trent’anni circa dopo la sua nascita, due uomini lo incontrarono alle foci del Giordano. Stettero con lui un pomeriggio intero e bastò per rimetterli in gioco, per riaccendere un desiderio che da uomini adulti avevano già cercato di archiviare, come tutti. Ma quel pomeriggio tutta la vita si è rimessa in gioco. Ricominciarono a desiderare. Lavorarono tutta la notte, pescando, alleggeriti o appesantiti da questo desiderio, il desiderio di rivederlo, il desiderio di arrivare alla riva il mattino dopo la notte di pesca e di andarlo a cercare. Ma quel mattino, tornando verso la riva, lo scorsero da lontano. Lui, proprio lui. Si era alzato prestissimo, alle tre o alle quattro del mattino, per essere là ad aspettarli al loro arrivo. E così capirono che anche lui aveva passato la notte con la voglia e con il desiderio di rivederli. Dio aveva voglia di rivedere quegli uomini, di quell’amicizia che era nata tra di loro. Dopo quel pomeriggio Dio stesso fatto uomo aveva voglia di stare con loro. Dio, facendosi uomo, ha voluto provare il desiderio di rivedere con gli occhi da uomo noi uomini. Questo è il Natale: Gesù, il desiderio di Dio di rivederci, di stare con noi da uomini a uomini.."
(Don Michele Berchi - Rettore del Santuario di Oropa)

mercoledì 22 dicembre 2010

AMARONE: ALCUNI PREZZI SONO "ARTISTICI" ALTRI UN VERO "CAPOLAVORO"


Continuo imperterrito nelle mie personali celebrazioni in attesa della folgorante ascesa della nuova Anteprima Amarone 2007 (28/30 gennaio 2011 a Verona).
Protagonista di questa mia anteprima all’Anteprima uno scaffale di un supermercato, uno scaffale per “amarone lovers” (vedi foto).
L’Amarone è vino noto, vino famoso; a dire il vero fino a pochi anni fa qualcuno manco lo considerava vino mentre oggi si contendono la palma di “Veri Amaronisti” in parecchi e, fra varie diatribe di bassa bottega, la palma del prezzo è cosa da mostrar muscoli.
Per una volta qui non è questione di durezza ma di altezza e per il prezzo la sfida, dice qualcuno, pare sia a chi ce l’ha più alto. A sentirla così mi riecheggia nella testolina la famosa parodia di Totò ed il suo inimitabile “Ma mi faccia il piacereee”.
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Troppe volte abbiamo parlato delle Famiglie dell’Amarone d’Arte e del loro proclama ma il loro riferimento “all’Amarone che deve essere raro e caro” (inteso come prezzo alto eh!) non passa dalla mente.
Non passa anche per il quasi immobilismo del consuetamente attivo Consorzio Valpolicella, tutto questo can-can intorno al loro caro (inteso come oggetto di amore) Amarone ed alla fine si risolve tutto con la “resa per ettaro”?.
La foto parla chiaro, questo è uno scaffale di un punto vendita in GDO e la sequenza dei prezzi non da adito a dubbi: prezzi in scala da 14,50 €/bottiglia del solito brand Cadis (migliorata rispetto al 9,90 rilevato un anno fa), passando per € 16,50 di Pasqua ed arrivando a € 18,90 di Lamberti. La fascetta è di Amarone, il nome dice Amarone ecc ecc.
Insomma che differenza c’è da questi e gli Amarone che vogliono altri produttori venderci a 30/40/50/60 € a bottiglia??
Formalmente nessuna ed infatti è qui che ti voglio….. caro Consorzio.
Su una questione simile ma riguardante il Barolo, venduto in GDO al prezzo record di € 4,99, il celebre giornalista Franco Ziliani scrive recentemente sul suo Vino al Vino Non serve a nulla scandalizzarsi, inca…volarsi, come ho fatto io, per la vera e propria svendita che dell’immagine di un vino cult e simbolo come il Barolo in questo modo viene fatta”.
Svendita dell’immagine? Per una volta il terribile Ziliani è stato un vero agnellino.
Per quanto riguarda la questione del nostro amato Amarone a me invece piacerebbe sapere chi bara.
Quanto vale un Amarone? Perché mai se vale 14 euri secchi secchi il mercato, e la mia tasca, dovrebbe riconoscere ad alcuni produttori 30 euro in più quando va bene? C’hanno i figli che fanno il liceo da privatisti? Tengono il nonno in vacanza a Cortina? Detengono famiglia numerosa? Oppure il motivo è, come dicono le Famiglie dell’Amarone d’Arte nel mitico loro già citato manifesto, che loro l’Amarone “ ‘o fanno strano” ovvero artistico ovvero diverso e che quindi vale di più???
Per avere la risposta a quanto sopra si può ipotizzare il Consorzio abbia mandato una letterina a Babbo Natale.
Sono due Amarone diversi? Il Consorzio ce lo dica e ci faccia due disciplinari diversi (dico sempre le stesse cose ? Lo so, portate pazienza), altrimenti si dica che…..
Questo è un tema vero per la prossima Anteprima Amarone e mi auguro il Consorzio Valpolicella voglia corrispondervi ritagliandosi uno spazietto, fra una magnificazione e l’altra con la solita cantilena della “favolosa vendemmia e della eccellente qualità delle uve di quest’anno”, per spiegarci quanto è veramente caro il nostro Amarone.
Quello che si chiede è una politica seria a difesa del buon nome e della immagine globale di questo stupendo vino, una politica che guardi al consumatore ed alla trasparenza sul mercato, ma anche una analisi tecnica precisa su cosa sia o debba essere un Amarone.
Lasciare il tutto in balia del mercato è pur sempre una scelta ma di questi tempi pare proprio non sia quella giusta
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mercoledì 15 dicembre 2010

ROCCA DI MONTEMASSI 2008 MAREMMA TOSCANA IGT : MEDIAMENTE by ZONIN


Mi è piaciuto molto, nell’ultimo numero di “Il mio vino” l’editoriale di Emanuele Vescovo che, segnalando la propria scelta come Cantina dell’Anno in un noto produttore da milioni di bottiglie, ha aggiunto ”Di sicuro non è una cantina “scenografica” ma ogni volta ho potuto apprezzare la grande professionalità di tutti quelli che vi lavorano e l’impegno speso per produrre vini sempre migliori. Secondo noi queste sono cose che meritano di essere premiate, anche a rischio di ricevere critiche dai soliti “esperti” secondo cui un’azienda che produce milioni di bottiglie non può fare qualità. Queste sono semplicemente delle balle!
Un messaggio chiaro ai troppi arricciatori di naso, quelli che “o semplici vigneron o morte” e quelli del “piccolo è (per forza) bello”.
C’è una realtà, non è quella di cui sopra scrive il Vescovo, dalla inflessione tipicamente veneta ma con vitigni in tutta Italia e pure fuori da essa, una realtà che, fra un governo e l’altro di non so quanti milioni di bottiglie, trova utile e importante misurarsi con tasting panel ed altre iniziative di ampia diffusione, una realtà che si inventata una cosa chiamata myfeudo tanto per intenderci. Si chiama Zonin, è una grande cantinona, ha mandato in giro, perché dicessimo a tutti e a loro cosa ne pensiamo, due bottiglie da assaggio. Gli arricciatori di naso si scansino un attimino, spazio a chi fa queste cose, apprezzo molto e partecipo molto volentieri e questo è il risultato del mio assaggio di una di quelle bottiglie: Rocca di Montemassi 2008- Maremma Toscana IGT. Per continuare a leggere questo post clicca su Continua
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La tenuta degli Zonin si trova in provincia di Grosseto, piena Maremma, a Montemassi appunto (Comune Roccastrada), sempre dritto da li in giù ed il mare si chiama Follonica.
Il nostro assaggio è un uvaggio 40% Merlot, 35% Cabernet Sauvignon, 20% Petit Verdot e 5% Syrah. Una combinazione pesata e gestita a suon di test in cantina dalla collaborazione fra il genio di Bordeaux Prof Dubourdieu e gli enologi zoniniani Giacosa e Ferrante.
Non è la prima volta che ci si occupa di Tenuta Montemassi su questo blog, lo si è già fatto qui, ci conosciamo già e se siamo tornati insieme vuol dire che, punto.
Allora vediamo, “..la vendemmia (delle singole uve) viene fatta in epoche diverse…”, in un arco di venti giorni dopo la metà di settembre, questo rosso maremmano verrà poi “assemblato” solo alla fine, quando si sono già fatti 30 giorni di macerazione, quindi manolattica ed altri 12 mesi di tonneau.
Sono 14 i gradi del nostro assaggio che si presenta di colore violaceo e mescitura solo un po’ pesantina; naso molto bello, frutta rossa e leggermente erbaceo, una voluttà di fumo ed una nota alcolica solo accennata. Solo leggermente corposo al palato, di media persistenza, sufficientemente equilibrato. Un ingresso che dimostra la predominanza del merlot, alcolicità ben camuffata nello note solo accennate di tannini e nel finale di discreta acidità e di buona piacevolezza. Ritorna in bocca la leggera sensazione affumicata.
Si nota come tutte le sensazioni che questo prodotto regala siano “medie”, di media intensità o solo “accennnate”; questa caratteristica di essere un po’ “medio” in tutto lo rende un vino di buona beva, nonostante il grado, di ampio spettro in termini di abbinamento a tavola, e qualcosa di più di un “buon vino” ma non un vino di classe o di particolare eleganza.
Nascondergli il grado e regalargli quel “naso” fa però molto bene alla sua bevibilità e lo annovera fra uno di quelle bottiglie che si possono tirar giù dallo scaffale senza alcun patema.
Un’altra freccia della Maremma al mio arco
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lunedì 13 dicembre 2010

RURALITA' ROMAGNOLA : I PROBI DI PAPIANO SANGIOVESE DI ROMAGNA DOC RISERVA 2007

Il posto lo conosco, è un po’ sopra Faenza, per sopra si intende a sud perché è di la che punta la montagna in Romagna, qui infatti il confine fra Emilia e Romagna è trascorso, qui è Romagna pura.
Io ed il sangiovese abbiamo trascorsi notevoli, il primo amore non si scorda mai, però il sangiovese che ho spesso frequentato io è quello oltre il Passo della Futa, dalla parte di qua, in Romagna, c’è lunga tradizione dello stesso vitigno ma io da poco mi cimento davvero con lui e lo faccio un po’ (troppo) per la curiosità di sapere “l’effetto che fa”. Sbagliando si impara, ho chiesto consiglio ed è cosi che sono arrivato alle bottiglie di Villa Papiano, tenuta in Modigliano, provincia di Forlì-Cesena, ho voluto fortissimamente il loro Sangiovese: “I Probi di Papiano – Sangiovese di Romagna DOC Riserva 2007”.
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Villa Papiano sono dieci ettari di vitigni situati sopra i 400 metri di altitudine sull’Appennino Tosco-Romagnolo, Villa Papiano è anche un Castello del ‘400 di interesse storico indubitabile.
Non è originale la “ricetta” di questa Riserva che si concede il suo bel 10% di Merlot e Syhra a far da corollario al 90% di Sangiovese.
Aperta la bottiglia del nostro subito mi raggiunge la sua nota alcolica (14,5 % il volume alcolico) e subito dopo il nostro Probi di Papiano si lascia versare risultando di colore scuro come la pece, con unghia stretta, naso marcato e decisamente tondo di frutta rossa che non lascia spazio a fantasie, leggera nota affumicata di tabacco.
L’assaggio è degno del suo nome (…e delle sue uve), si apre in bocca coerentemente e si sente subito che i 12 mesi di assemblaggio e maturazione in piccoli fusti di rovere francese ed i 16 mesi di affinamento in bottiglia non sono passati invano. E’ un vino rude, aggressivo, vinoso, non si può dire sia aggraziato, ampio e di buona struttura ma, infine, un vino potente ed anche piacevolequalora non si cerchi troppa morbidezza.
Il Sangiovese Riserva 2007 dei Probi di Papiano è un vino con le note organellettiche tipiche ma molto marcate, uniformi e fin troppo decise, una compagnia forte, la salda e sicura compagnia della bella e cantata ruralità romagnola
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venerdì 10 dicembre 2010

UN PASSO ALLA VOLTA.....BENVENUTO A "VININO.IT"

Un passo alla volta , è il modo migliore di fare le cose, un passo alla volta e non perdi mai la coscienza di quello che lasci indietro, ogni passo una piccola analisi e magari una attesa, l’attesa che qualcun altro faccia un passo con te, perché camminare da soli stanca anche un re, pensare da soli annebbia anche un filosofo.
Mi pare si possa disegnare così il lento emergere sulla rete e nella coscienza di molti della concreta esistenza di una categoria enologica viva ad oggi solo nella inconsumabile tradizione ed esperienza, una categoria che ha avuto e celebrato anche un suo Manifesto Elogiativo : il vinino.
Il vinino è uno degli argomenti più gettonati su questo blog che, in questo senso, è solo un paripatetico del mondo. Un passo alla volta e tutti infatti ne hanno parlato, sono spuntate un po’ ovunque bottiglie che si sono viste attribuite la nuova “denominazione” di “vinino”, magari non sempre a proposito (anche su questo blog), alimentando questo nuovo mondo di antica radice e, chissà, magari anche mettendolo in pericolo.
Esattamente un anno fa rispetto al motivo del vinino mi chiedevo qui : “…e adesso che si fa?”
Così adesso non posso che plaudire visto che, dopo la fase elogiativa e, dice lui, quella riflessiva, l’Angelo Peretti ha deciso di non dare fuoco alle micce ed è nato www.vinino.it.
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Avete capito bene, “non dare fuoco...", rispettare l’incedere del passo dopo passo perché se questa cosa del vinino deve essere una cosa seria allora, dice lui, "Il rischio era - ed è - quello della banalizzazione” e continua, citazione nella citazione, con un appunto di Fabio Rizzari "Si assiste attoniti all’attuale esaltazione di vinelli piacevoli, ma senza pretese, elevati al rango di grandi vini. Il rovesciamento di segno rispetto a una decina d’anni fa è compiuto".
Insiste quindi l’Angelo: “Riflettevo perché il vinino stava diventando una moda. E c'era il rischio che sul nuovo carro …..ci si precipitassero produttori che nulla hanno a che spartire con la cultura - già, la cultura - del vino appunto semplice ma non banale. Imitatori del vinino, così come fino a ieri imitavano il vinone. Fabbricatori di vino…..Mi domando se possa esserci un vinino senza tradizione autentica."
Bella domanda, corposa ed insidiosa, questa domanda potrà essere il Rubicone del vinino, sarà la domanda sulla quale ci tireremo il dado nel prossimo lustro quando gli appelli al vinino verranno raccolti da estimatori che chiederanno adeguate correzioni all’Elogio, magari nel nome del “mercato” o della “comunicazione”.
Perciò anche a questo potrà servire www.vinino.it, il nuovo blog che il Peretti dice aver inventato quasi senza ancora sapere bene cosa farsene, ma il furbone del Garda non ce lo da a bere e, considerando che il brand del nuovo blog è senz’altro accattivante, si aspettano per questa denominazione atipica nella sua tipicità, nuovi passi. Uno alla volta.
La cosa avrà la sua incoronazione in quel di Ferrara il giorno undici del mese corrente per un Vinix organizzato dal vulcanico e super innovativo Mariotti, cosa molto bella a giudicare dal programma, un cin cin al vinino: e chi se lo perde.
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lunedì 6 dicembre 2010

AMARONE BERTANI VILLA ARVEDI DOC 2006: IL CUGINO.

Continua la caccia del tenace autore di questo spennacchiato blog all’Amarone non per forza “artistico” ma che insomma si fregi del magico nome della Valpolicella. Insisto perché mi diverto ma anche perché, diciamo la verità, gli amaronisti me ne danno il modo.
Fra poco più di un mese gigioneggeremo con Anteprima Amarone 2007 e, impegnati a celebrare ciliegie al tannino frutto di vendemmie sempre meravigliose, ci dimenticheremo di questi fugaci assaggi.
Questa volta siamo andati a casa Bertani, possedimenti della Valpantena però, titolati a Villa Arvedi annata 2006. .
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Cosa ha di diverso questo Amarone di Villa Arvedi dal più sbandierato Amarone Classico sempre di Bertani? Intanto diamo evidenza delle cose che accomunano i due prodotti di casa Bertani: stesso disciplinare di riferimento, stessa denominazione (DOC), stesse uve (rondinella e corvina veronese), stesso nome (Amarone), stessa casa produttrice, potrei andare avanti a lungo.
Il Classico del Bertani però fa sei anni di botte e dodici di bottiglia mentre questo “Villa Arvedi” trenta mesi di botte e sei di bottiglia: un cugino di secondo grado.
Stesso nome, stessa DOC, stesso disciplinare ma un produttore può fare due cose completamente diverse e chiamarle con lo stesso nome: Amarone. Viva la coerenza. Evviva il disciplinare.
Diamo però ora fiato al giovane ed incolpevole Amarone Villa Arvedi DOC 2006 Valpantena ed alla sua più che dignitosa performance di assaggio.
Da Verona invece di puntare verso il lago e verso Negrar si punti verso nord-est, Grezzana per intenderci, si arriva di sicuro in Valpantena, territorio più dolce e urbano della più desolata e profonda Valpolicella classica. Il nostro assaggio viene dalle tenute del Bertani ivi residenti.
Sono 14,5 gradi di alcol quello che ci accingiamo ad assaggiare ma vi indico fin da subito che di questa gradazione non c’è traccia, assaggiamo un Amarone, Villa Arvedi appunto, non trascendentale ma per nulla rivestito da alcol e tannini.
Colore cupo, sfumature rosso antico, riflessi violacei. Naso profondo, sensazioni non marcate ma tipiche della sua genia, ciliegia discreta ma matura, rotondezza.
L’assaggio dimostra subito una buona armoniosità, solo leggermente allappante, scivoloso, sapori tipici non troppo marcati, un amarone piacevole ma incompleto, sfuggente, con chiusura legata ad un tocco di acidità non invasiva.
Un amarone senza pretese, docile e non presenzialista, legato a profumi e sapori tipici più da contratto che da sostanza ma generalmente apprezzabile e piacevole. In sintesi un buon esempio per la tavola e per coloro che vogliono avvicinarsi al mondo delle uve veronesi più note senza svuotare il portafoglio.
Rimane il dubbio “amarone” si nasce o si diventa?? Alla prossima puntata
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