Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

sabato 31 ottobre 2009

RUGBY: ROMA PRETORIANA ED IL RICORSINO, STORIA ANTISPORTIVA DI SPORT....


In questi mesi è successo di tutto e mi riferisco alla battaglia senza esclusioni di colpi per l’ingresso delle due squadre italiane nella Magners Celtic League. La candidatura della selezione denominata Pretoriani Roma, che aveva avuto accesso a scapito dei trevigiani in Luglio, ha visto scoperto il proprio giochetto di carte e politica e le promesse dell’assessore di turno non sono bastate per il loro via definitivo alla avventura celtica (o almeno tali promesse in FIR non valgono ancora come copertura di spese e saldo di bilancio).
Insomma la Benetton Treviso è stata reintegrata al suo posto (diciamolo) e come tale definitivamente confermata venerdi 30 ottobre. Riassunto: Aironi del Po (Viadana & Co.) e Benetton Treviso (diventerà selezione triveneta ? Dogi?) verranno presentati dalla FIR al Board della Magners Celtic League per la loro ammissione al prestigioso torneo.
Su tutto questo aleggiava un fantasmino: Roma farà ricorso??.
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Quindi i Pretoriani Roma chiederanno riammissione, dimostreranno che le proprie carte presentate erano/sono valide ed hanno quindi diritto di ammissione alla competizione europea al posto di … chissà chi?? Mah.
Dubbio sciolto, Roma ha fatto ricorso, anzi ricorsino, anzi …. ha fatto.
Volete leggere i tratti salienti del “ricorso”? Ci ha pensato il bravo giornalista Duccio Fumero a metterli on line e li trovate qui.
Chiedo anticipatamente scusa a tutti i romani che leggeranno il seguito, qui si parla di una Società sportiva non di pregiudizi regionali (o peggio); per raccontarvi quanto segue non mi voglio nascondere nemmeno dietro al campanilismo, infatti quello che è accaduto è molto brutto....a prescindere.
Roma doveva fare ricorso e quindi scrivere una cosa tipo “ Cara Federazione siete tutti un po’ fessacchiotti perché le mie carte sono giustissime, come sarebbe a dire che io non c’ho i soldi? Ce li ho esattamente come gli altri (Aironi o Benetton), eccoli qui in fidejussione e contante”.
Il Pretoriano reclamatore ha invece preferito scrivere una cosa tipo “Cara Federazione, lasciamo stare i fatti miei…posta l’analisi dei bilanci 2008 dell’azienda sponsor degli Aironi del Po …verificati i livelli di EBITDA….. le passività/attività a breve medio e lungo di quella azienda ……loro i soldi secondo noi non ce li possono avere...forse no… o almeno non pare anche se ve li hanno già fatti vedere…insomma secondo noi forse no…insomma buttateli fuori.”
In sintesi il reclamo romano invece di essere una affermazione di se stessi e delle proprie capacità ,così si fa nello sport ed in particolare nel rugby, è una requisitoria contro il Bilancio dell’azienda sponsor (contro l’azienda non la Società Sportiva) di una delle selezioni scelte dalla FIR, contro l’azienda che ha dato il proprio sostegno economico agli Aironi del Po.
Questa cosa è … una schifezzuola e per questo da oggi su questo blog si parlerà di Pretoriani, se serve, ma con la p minuscola. Vi spiego il mio perché.
I pretoriani, non solo hanno così dimostrato che le motivazioni della loro esclusione erano corrette (non è su quelle che hanno fatto ricorso) ma hanno pure dimostrato di essere inadeguati al ruolo che dovevano ricoprire: rappresentare il rugby italiano in Europa.
La cosa che veramente ritengo indecorosa è, non solo la mancata affermazione di se stessi come elemento principe del ricorso, ma soprattutto la denigrazione del Bilancio Societario di una azienda che da anni crede e lavora nel rugby ma soprattutto azienda che ogni anno dà lavoro a moltissime persone e che non ha bisogno di cotanta pubblicità negativa per tirare avanti con i chiari di luna che ci sono.
Rimane comunque il fatto che le considerazioni espresse dai “ricorrenti” romani sono palesemente un “andar per specchi”, tecnicamente una bufala e si configurano più come tentativo di portar zizzania in casa FIR piuttosto che voglia di ricercare la propria riammissione sportiva legittima.
Non c’è stile, non c’è amore per il rugby, non c’è nulla dei valori del nostro sport in un comportamento del genere.
Mi dispiace per i tifosi romani e per tutti gli appassionati ovali della Capitale, la loro passione sportiva indiscutibilmente sana merita ben altri dirigenti sportivi.

lunedì 26 ottobre 2009

DALLA CLASSIFICAZIONE ALLA LODE : IL "VININO" SALE IN CATTEDRA

Tirato per la giacca da più parti l’autorevole proprietario del conio terminologico “vinino” finalmente ci ha dato soddisfazione.
Proprio intervenendo qui Angelo Peretti (il coniatore) si era dato “impegno” per le vacanze, è arrivato alla meta in ottobre inoltrato ma la produzione è di quelle importanti ed è sul suo Internetgourmet con “Elogio del vinino, ovvero Manifesto per la piacevolezza dei vini da bere”.
Stefano il Nero ha dato la sua piena adesione, fatelo anche voi.
C'è però di più.
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Nel frattempo Aristide, da scientifico patrizio, non si era limitato ad una plebea scrollata di giubba, aveva impostato con successo una prima classificazione definendo per i vinini che “sono anti-ciclici…..generalmente hanno bassa gradazione alcolica…spesso rappresentano una lunga tradizione vitivinicola dei nostri territori…”. Ecco ora l’Elogio ed il Manifesto del “vinino”; Angelo Peretti ci scherza su, parla di “fun” del vinino invece che di “fan” ma sotto sotto lo sa di aver scritto cose molto sensate sul suo manifesto e fa piacere dichiari fin d’ora di aver qualcosa da dire ancora.
Io credo che fusion classificazione-manifesto possa diventare qualche cosa di più: qui c’è una cosa partita con il piede giusto, ci si mettesse sul serio nel sostenerla si potrebbe non solo dare una piccola scossa al www (wonderful wine world) ma anche dare il via a qualcosa di “nuovo e tradizionale”. Il mondo blog potrebbe dimostrare di saper “fare”, perchè questi spunti sono meritevoli di un palco da dove parlarne davvero e pubblicamente: a tanti, a tutti, senza scomodare nessuno a rammaricarsene ma solo invitando molti a vantarsene.
Insomma questa cosa del vinino può dare un contributo a tutto il mondo del vino italiano se non viene ributtata troppo in fretta nel cassetto, c’è un mercato che aspetta messaggi positivi. Qui ce ne sono.
Il sottoscritto intanto si è dilettato per tutti gli ultimi mesi a caccia di vinini, plaudendo al tripudio di sensazioni dove “all’estetica autoreferenziale della degustazione anteponiamo l’immediatezza appagante della freschezza fruttata e della sapidità”.
Ben venga il vinino, non come negazione di altro ma come affermazione di se stesso, del suo gusto, della sua tipicità, delle sue profonde radici nel tessuto del buon vino italiano.
Ben venga il principio che “alla razionalistica dittatura della valutazione centesimale opponiamo l’umanistica vocazione alla convivialità del vino, simbolo della condivisione e della fraternità”.
Ottimo Elogio , io penso si debba andare avanti.

giovedì 22 ottobre 2009

MON AMOUR SERPRINO....DOC 2008 COLLI EUGANEI BORIN VINI & VIGNE

Benvenuti a discettar di Serprino, il babbo del Prosecco, il vitigno padovano per antonomasia, amico di bevutine semplici e da aperitivo, ottimo e fragrante con l’antipasto, buon accompagnatore di leggere portate di pesce, un vino versatile …… per il resto non facciamo paragoni con il parente trevigiano rischieremmo di far suonare i campanili.
Fin qui il vitigno passiamo ora al viticoltore: Borin Vini & Vigne. Come ci siamo arrivati?
Si trasgrediva con la parola vinini su questo post (argomento peraltro recentemente ripreso da mastro Aristide qui) e la Lizzy consigliava, insieme ad altre gustosità, questa del Borin: perché resistere alla tentazione?
Come sempre la suddetta domanda non trovava risposta ed allora, preso sottobraccio Luca Il Turco, mi recavo in quel di Monticelli (località di Monselice) da dove tornavo con una ghiotta esperienza degustativa e “diverse” bottiglie fra le quali questo Serprino DOC 2008 Colli Euganei.
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Il vino «Colli Euganei» con la menzione tradizionale «Serprino» deve essere ottenuto dalle uve della varietà Prosecco; possono concorrere le uve di altri vitigni a frutto di colore analogo non aromatici, purché raccomandati o autorizzati nella provincia di Padova, presenti nei vigneti, in ambito aziendale, in misura non superiore al 10% del totale delle viti…..la produzione massima tonn/ha è 10……….titolo alcolometrico volumico minimo 10,5……resa massima vino/uva 70%”. Questo era il disciplinare.
I Borin fanno vino dal 1963, mica ieri, la mia pur breve frequentazione con loro ha rivelato chiaramente la loro appartenenza alla new generation dei Colli Euganei, quelli che hanno capito che è tempo di “testa e qualità”, ovvero inventiva e passione ma anche un po’ di ambizione. La loro selezione vini proviene dalla coltivazione di ben 30 ettari ed è molto ricca, forse anche troppo ma sugli Euganei si è ancora un po’ “personaggi in cerca d’autore”, ma soprattutto di indubbio interesse.
A questo proposito rassegnatevi, su alcune altre loro bottiglie ci torneremo ancora in futuro.
Il loro Serprino frizzante si presenta su bottiglia bordolese con i suoi 11,5%, aperto si rivela con un bel giallo lucente ed aggraziato. Profumazione intensa di mela e retro di agrumi, profumi che vengono letteralmente sprigionati senza alcun fastidio ed eccesso: di buona delicatezza.
Entra in bocca inizialmente leggero e fresco ma poi si dimostra vitale ed anche docilmente persistente; di beva intensa e salda ritrova i suoi aromi di profumazione denotando un equilibrio inaspettato, acidità nel finale lenta che non interrompe le sensazioni gustative. Ottima selezione di uve serprina questa bottiglia del Borin merita un sincero plauso
Il Luca è visibilmente soddisfatto, si rigira le bottiglie fra le mani elencando improbabili tempi di apertura di questa e di quell’altra.
La nota di servizio però diventa d’obbligo: il Serprino è vino da proporre con maggiore sicurezza, forse il disciplinare deve tendere di più alla ricerca di eccellenza, ma va però ricercata un po’ di tenacia ed un minimo di fiducia in più per questo vino che, se trattato da protagonista quale lui è, può dare grandi soddisfazioni alla viticoltura del Veneto. Il Borin insegna : basta crederci un po’.
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domenica 18 ottobre 2009

GUSTO STANDARD? NO GRAZIE. TALK TALK CON CINZIA CANZIAN (LE VIGNE DI ALICE)


Le Vigne di Alice e Bellenda lanciano una iniziativa contro lo spritz (vedi immagine allegata) e la motivazione è decisamente seria : “La standardizzazione del gusto invade tutti gli spazi……
Delle Vigne di Alice la vulcanica Cinzia Canzian è una delle artiste, segue il vino ed anche il Relais, una mission da sales manager su entrambi le attività ma se assaggiate una torta al Relais o vi capita l’aperitivo potrebbe averlo preparato lei. Canzian è un cognome che il trevigiano ha regalato alla più dolce musica, per due chiacchiere con Cinzia allacciatevi però le cinture di sicurezza perché se ci crede va fino in fondo; sta pensando ad un convegno sul mondo vitivinicolo, ci saremo. Ho scambiato due chiacchiere con lei sulla standardizzazione del gusto ed eccole qui di seguito.
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Senti Cinzia il match Prosecco Vs Spritz è intitolato “Contro la moda imperante dello spritz”…cosa c’entra con lo slogan iniziale “contro la standardizzazione del gusto?
A mio parere c’entra perché non riconosci il vino contenuto nello spritz, ti possono mettere dentro qualsiasi cosa senza che tu sappia cosa. Questa è standardizzazione del gusto e va a discapito dei consumatori, sia in termini di salute che in termini economici, visto che spesso pagano 5-8 euro per delle bevande immonde
Elisabetta Tosi sul suo Vino Pigro qui scrive “è una questione di scelte: c'è chi preferisce andare sul sicuro, e dare sempre e comunque il tipo di vino che gli viene richiesto, a costo di ridurlo - a forza di trattamenti - ad una mera bevanda alcolica che solo legalmente risponde al nome di vino, e chi invece preferisce non tradire…..il territorio, se stesso, il vitigno, quello che volete.E quindi rischia…. Secondo te il ragionamento fila? Tu lotti perché il tuo vino sia sempre uguale e gradevole al pubblico piuttosto che “vero”……..
Per cominciare io non lotto perché il mio vino sia sempre uguale e gradevole. Sono invece consapevole del fatto che ogni vendemmia è diversa. Ci sono annate buone e annate meno buone, io lotto per offrire ai consumatori un vino sano e che ovviamente sia un piacere per chi lo beve e soprattutto che non tradisca la mia personalità. Sulla parola “vero” ci giocano in molti, alcuni seri altri meno seri. Ne parleremo in un convegno che sto organizzando e al quale spero tu possa partecipare. Il ragionamento di Elisabetta fila: sono scelte aziendali, discutibili o meno, ma scelte.
Riccardo Ricci Curbastro, Presidente della Federdoc ha detto “il nuovo sistema di classificazione dei vini merita un’attenta riflessione sulle reali ripercussioni che potrà avere, con un appiattimento delle Indicazioni Geografiche per via di disciplinari di produzione troppo simili da Doc/Docg e Igt ma soprattutto per il rischio di confusione ingenerata nel consumatore per la possibilità di indicare in etichetta sui vini da tavola elementi (quali annata e vitigno) che consideriamo valorizzanti e che non possono essere in alcun modo certificati nei vini non a Denominazione, mancando qualsiasi elemento di tracciabilità tra la vigna e la bottiglia”. Le nuove OCM ci portano fuori strada ? Come se ne esce secondo te ?
La comunicazione resta il nodo più importante da sciogliere nell’ambito vino come nell’alimentare. credo che se il consumatore è confuso parte della colpa sia proprio nostra. anche di questo discuteremo nel convegno.
Le guide dei vini che fanno? Reclamano, decantano o analizzano seriamente la produzione? Ma non sono anche quelle un fenomeno di standardizzazione del gusto?
Le guide rimangono delle opinioni. Anche in questo ambito ci sono degustatori che lavorano bene e in maniera obiettiva, per quanto sia possibile essere obiettivi in materia di gusto, altri che invece dimostrano scarsa conoscenza e scarsa preparazione.
Dimmi la prima cosa che ti viene in mente appena ti dico le prossime due parole: slow food.
Slow food è tante cose insieme, forse troppe e quindi non tutte controllabili.
La prossima volta davanti ad un calice, di prosecco “naturalmente”.
Perché c’è anche “artificialmente”? direi “comoda-mente”.

Cinzia ha le idee chiare ma non fatevi sviare dal crudo argomento, lei la sua terra prima di tutto la ama……….."qui splende un sole magnifico immerso nei colori autunnali e avvolto da questo anticipo invernale….Adoro questo posto e mi sento molto fortunata per l'aria buona che respiro ogni giorno”. In verità la nostra discussione Cinzia la aveva cominciata così.

mercoledì 14 ottobre 2009

BRUNELLO DI MONTALCINO ANTINORI PIAN DELLE VIGNE DOCG 1997....E SON SODDISFAZIONI

"Vieni che si fa cena e si apre una cosa buona?" Dico io, ma se un amico ti fa una domanda del genere che gli rispondi? “No guarda fanno l’ultima di Dottor House….”….ma figurati….ci si va soprattutto sapendo che la compagnia è ottima (il Vittorio è un tipone che di vino ne sa eccome) ma anche che l'amico in bottiglia, un tipino del novantasette, è uno che solo a nominarlo ora…pronti via…. Brunello di Montalcino Antinori Pian delle Vigne DOCG 1997……tutto d’un fiato oplà.
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Il 1997.. eh si… grande annata! Si scatena la battaglia per le quote latte nel ’97, a Sanremo trionfano i Jàlisse con “fiumi di parole”, nel ‘97 la Nazionale italiana di Rugby batte a Grenoble la Francia per 40-32, evento storico! Tony Blair prende le redini dello United Kingdom e Clinton si conferma negli USA, nel ’97 i Serenissimi con il Tank “occupano” Piazza San Marco………”il periodo estivo del 97 è stato caldo e soleggiato e questo andamento climatico è continuato per tutta la durata della vendemmia, consentendo quindi di raccogliere uve con alta concentrazione zuccherina ed eccezionalmente sane. La vendemmia 97 è risultata più scarsa del previsto ma è da considerare, dal punto di vista qualitativo, un'annata eccezionale, probabilmente superiore al 1990, e quindi tra le migliori degli ultimi cinquant'anni” Ecco invece cosa si dicevano a Montalcino nel novantasette quelli del Brunello.
Antinori è casa conosciuta, nome altisonante, purtroppo risuonato anche in Brunellopoli insieme a molti altri nomi del senese ma per una volta tiriamo dritto e chi si è visto si è visto.
Il Marchese Antinori ha delle tenute sparse in Umbria e Toscana, dal Chianti a Montalcino da Bolgheri a Ficulle, una cosa grande e ben organizzata che punta molte delle sue chance sulla immagine tradizionale e sulla cura della propria pur vasta produzione.
Parlare del Brunello è difficile, non perché quel 100% di Sangiovese sia chissà che cosa miracolosa, ma per l’immagine che questo nome ha saputo crearsi in questi ultimi decenni sia nella buona che nella cattiva sorte. Certo è che il Brunello è una produzione d’eccellenza per molti motivi anche molto tecnici ma suvvia…!!!
Il nostro Brunello dell’Antinori nel ’97 ha macerato in inox per circa 15 giorni completando la fermentazione alcolica ad una temperatura non superiore ai 30°C. entro il’annol ’97 dopo la manolattica “il vino è stato introdotto in botti di rovere di capacità variabile fra i 15 ed i 100 ettolitri, dove è affinato per tre anni. Nei primi mesi del 2001, dopo l'assemblaggio definitivo, il vino è stato imbottigliato”.
Quando mi siedo accanto a Vittorio il Pian delle Vigne è in decanter da diverse ore, c’è una tagliata calda e favolosa accanto a lui ma il suo colore forte e serioso la fa da padrone.
Il nostro Brunello non scende nel bicchiere, vi si adagia pigramente con sinuosa e grassa voluttà, rosso granato leggermente anticato sull’unghia, profumazione intatta senza alcun passaggio alcolico, un po’ speziata ma forse è il suo fiore caratteristico che si fa sentire, non c’è alcol nella beva nonostante i suoi 13,5 gradi volumetrici, non sembra subito così carico di tannini ma ci dovremo ricredere presto. Scende sul palato veloce e con pienezza, tondo ma non troppo, appena aggressivo sul finale con una punta di acidità che richiama completamente i suoi profumi, in seconda bevuta lo troviamo solo leggermente un po’ più zuccherino, graziosamente dolce che si inarca con il finale allappante ma ancora aperto. Decisamente equilibrato. Una cosa stupenda.
Io guardo Vittorio , Vittorio guarda me, entrambi guardiamo il Pian delle Vigne 1997, un Brunello in un sorriso, un commento e una chiacchiera di ricordi, bello così il vino, che soddisfazioni. Grazie Montalcino.

venerdì 9 ottobre 2009

PAROLA DI BLOG: MARIA GRAZIA MELEGARI Soavemente WineBlog

Sono le persone l'anima della "rete" (e non il contrario !!) ed è per questo che Stefano il Nero ha chiesto ad alcuni blogger di rispondere ad alcune domande……pronti.....via a PAROLA DI BLOG

Maria Grazia è donna di vino certificata ONAV e AIS, si insomma una che la passione la prende sul serio, il suo blog è, dice lei, “un omaggio ad una terra e ad un vino”, romanticismo? Può darsi ma di sicuro anche una buona dose di sano realismo, il suo Soavemente WineBlog è un mix di tecnica e di filosofia, parla di vino e dei suoi luoghi, del bianco Soave, la sua grande passione, di tanti altri vini e....di musica. Soavemente è un blog che parla di lei e per lei ed ora le chiediamo come, benvenuta Maria Grazia Melegari : parola di blog.
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Recentemente hai fatto un elenco di tutti i vini Soave premiati dalle guide: credi più al Soave o alle guide?
Assegno un’importanza molto relativa alle Guide e soprattutto ai punteggi. Più che dare un elenco dei premiati, mi sono divertita a confrontare il taglio dei giudizi nel corso del tempo, nella stessa guida e in guide diverse, riguardo al Soave. Lo farò anche quest’anno, osservando se e come evolvono i parametri di giudizio, più che i punteggi. Il Soave è un sistema di grandi e piccole aziende che lavorano su uno dei terroir più vocati in assoluto per i vini bianchi, ora accanto a nomi storici e blasonati si vede anche qualche novità interessante. Non ho dubbi, credo al Soave e alle sue grandi potenzialità.
Il tuo blog impressiona per la ricercatezza di alcune argomentazioni tecniche sulla “produzione” del vino, credi che il vino debba essere prodotto dal vignaiolo o dai “gusti del mercato” ?
Un enologo una volta mi ha detto: “un vino può essere buonissimo, ma se poi non lo vendi…” ; la partita si gioca tra i vini legati al terroir – più spesso prodotti in piccoli numeri – e vini dei grandi numeri che bevono un po’ tutti. Ambedue le realtà sono orientate al mercato ma quanto più il consumatore approfondisce la conoscenza tanto più vedrà differenze sia“stilistiche” che di sostanza. Per fare un esempio, ci sono vignaioli del Soave che non producono grandi numeri, fanno vini molto ben delineati e nettamente di terroir da vigneti che sono dei Cru. Quegli stessi vignaioli hanno in gamma anche dei Soave affinati in legno che vengono prodotti soprattutto per la domanda del mercato estero. Coesistono dunque diversi stili, e la scelta finale la fa il consumatore.
Una domanda che ti piace : perché il Soave dovrebbe essere un vino …speciale?
Il Soave è un vino davvero speciale perché nasce da un terroir altamente vocato per il vino bianco, dove nello spazio di 7000 ettari ci sono zone e microclimi differenti. Il Soave è speciale perché non è “univoco”. Basta spostarsi di pochi metri e cambiano le caratteristiche del suolo e del clima che marcano il vino in maniera differente. Il Soave della Val d’Illasi non è lo stesso del Monte Foscarino o della Calvarina. Il grande lavoro del Consorzio di Tutela è stato proprio quello di esaltare la grande capacità espressiva del vitigno principe, la Garganega nelle sue diverse espressioni, legate ai differenti suoli e microclimi componendo l’immagine di un grande vino bianco, versatile e di carattere.
Ne hai trovato qualcuno di traditore?
Non parlerei di tradimento, quanto piuttosto di una moda, ormai quasi del tutto passata, di infilare nella composizione del Soave ( peraltro prevista dal disciplinare) di vitigni a bacca bianca come Chardonnay e Sauvignon blanc. Ho sempre preferito i Soave di storica tradizione, quelli fatti di garganega e trebbiano di Soave, o di sola Garganega.
Nel tuo blog io trovo ci sia una continua ricerca del binomio qualità/vino. Quando un vino è di qualità? Soggettivamente? Oggettivamente?
La scheda valutativa dei vini OIV riportava una voce specifica sui difetti del vino, nella versione 2009 mantiene il parametro della franchezza (pulizia o assenza di difetti) ed introduce quello dell’Intensità qualitativa positiva (l'insieme delle percezioni olfattive e gustative che arricchiscono la percezione qualitativa rispetto ai sensi dell’odorato e del gusto). E’ un parametro esclusivamente positivo.
Dico questo per far notare come oggettivamente sia difficile oggi parlare di difetti e di scarsa qualità. Si parla invece sempre più di “qualità percepita”, parametro nel quale entrano moltissimi fattori anche soggettivi: dalle conoscenze e dalle preferenze individuali fino alla storia delle aziende e dei luoghi. Non mi attrae aprire una bottiglia e scrivere una semplice scheda di degustazione. Lo faccio soltanto per allenamento e comunque non sul blog.
Hai scritto di un produttore : “Artigianato come rispetto assoluto della terra e desiderio costante di migliorarne il frutto nella maniera più naturale possibile”. Ma sei Bio o sei Convenzionale? Ovvero quello che scrivi deve essere per tutti o solo per quelli “lo famo strano lo famo bio?”
Il mondo del vino mi interessa tutto, senza contrapposizioni, il convenzionale e il bio (ma preferirei parlare di vino artigianale) Sono comunque convinta che la cosiddetta “conduzione convenzionale” sarà sempre più indotta ad interrogarsi e a scegliere tecniche più rispettose dell’ integrità della terra e dell’ ecosistema della vigna. In quale altro modo si potrà conservare un mondo vivibile per le nuove generazioni? Mi sembra un mutamento di sensibilità in questo senso sia in atto.
Perché sei wine-blogger, non ti bastava andare in giro a bere Soave ed Amarone lo dovevi proprio raccontare a tutti??
Amo scrivere e amo il vino con il suo mondo variegato, pieno di sfumature, di luoghi, storie e persone. Ce n’è abbastanza per aprire un wine-blog? Credo di sì. Inoltre, penso al blog come a un formidabile mezzo di conoscenza e di crescita culturale personale. Nel senso che per scrivere di vino, non basta “ andare in giro a bere Soave ed Amarone”, ma occorre approfondire, andare oltre il bicchiere……
Il mondo blog secondo te cresce e fa crescere ?
Ritengo che il Blog richieda un maggiore approfondimento, rispetto a mezzi di comunicazione “veloci” e forse superficiali come i nuovi Facebook e Twitter. I blog hanno sicuramente cambiato il panorama della “critica” sul vino, cambiando il panorama un po’ statico della carta stampata dedicata ed hanno portato ad un processo di democratizzazione dell’ informazione anche se ci sono anche potenziali rischi, come la ridondanza o l’inattendibilità. Penso che i blog abbiano avuto e avranno ancora una funzione molto positiva: per far conoscere le piccole aziende e di stimolo culturale su temi socialmente rilevanti, come ad esempio l’educazione ad un consumo consapevole.
I produttori di vino e la comunicazione: una strada che si apre o una chimera?
Senza dubbio una strada che si apre, anche se molto a fatica. Il futuro è li: disintermediare il più possibile sia i prodotti che la comunicazione. Gli esempi sono ancora pochi, ma sono ottimista.
Quando e perché potresti decidere di chiudere il tuo Soavemente WineBlog?
Soltanto in due casi: se fossi vittima di una malattia che mi impedisse di degustare il vino e
se mi venisse a noia scriverne

Ma quale noia, è bello leggere il tuo blog Maria Grazia........"tutto il resto è noia", semmai.

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lunedì 5 ottobre 2009

ARQUA' PETRARCA E CA' LUSTRA SELEZIONE ZANOVELLO MERLOT COLLI EUGANEI DOC 2006 SASSONERO


E’ bello scrivere di cose belle e queste spesso sono più vicine di quanto non si pensi, è così che la mia modesta ma amata collezione di vini euganei si è assottigliata in questi giorni.
Ho dovuto infatti scendere a fatal compromesso con una bottiglia di Ca’ Lustra selezione Zanovello Colli Euganei Merlot DOC 2006 Vigna di Sassonero.
Partiamo però dal Sassonero, ovvero dalla collina basaltica che racchiude in 3 ettari il cordone speronato di questo merlot, sita nel meraviglioso territorio di Arquà Petrarca.
Arquà (vedi foto) è una piccola perla di storia arte e cultura nel cuore dei colli euganei , un sito medioevale entrato di diritto e merito nel club dei Borghi più belli d’Italia; insomma, una visita al borgo del celebre scrittore del quattordicesimo secolo, è un piccolo dovere extra-enoico.
Torniamo al Merlot.
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Ca’ Lustra è una aziendona del vino euganeo
, una prospettiva di marketing avviata, villa di rappre
sentanza, promozione turistica con in testa la celebre idea di promozione turistica degli “Euganei le colline di Venezia” , 31 anni di attività e 34 ettari di vigneti dichiarati in diretta coltivazione con altri 15 di bosco e pascolo. Il tutto sotto la direzione di Franco Zanovello.
Una azienda che ci tiene
al suo pedigree e snocciola con orgoglio la sua collezione di bicchieri e di punteggi sulle guide più famose del Belpaese.
Nel 2002 Ca’ Lustra comincia a pensare ad una linea alta dei suoi vini e “dopo le prime selezioni di vigneto degli anni '90 che già riportavano il nome "Zanovello", nel 2002 si iniziò con una gamma crescente di vini ottenuti da vitigni e vigneti speciali e dedicati. Studio, esperienze, bisogno di confronto e di progresso…” .
Ecco la selezione Zanovello e, dal Sassonero, il suo Merlot.
Prima di arrivare in bottiglia il Merlot dello Zanovello poltrisce una ventina di giorni in acciaio inox in fermentazione, poi si addormenta in Tonneaux da 500 l. in rovere francese per un terzo nuovi, due terzi di secondo vino, per almeno 16 mesi e quindi va in bottiglia. Il selezionatore lo dichiara un vino di lungo passo, potremmo tenerlo li fino ad 8 anni. Sarà per la prossima volta.

Finalmente arriva nei due bicchieri (due bicchieri, nel senso che siamo in due all’assaggio). Questo Merlot esibisce subito un colore rosso carico, una ottima aggressività all’occhio che si riversa anche nella sua profumazione intensa e non sempre garbata di ciliegiona, frutto di bosco con un passaggio gradevole di stalla e fieno. Una bevuta corposa, non pienissima , direi più spigolosa e di tabacco, che si fa subito allappante con successiva grande apertura che dimostra i suoi 14,5 gradi alcolici ed un breve tocco di acidità che non scende sotto il palato. Un vino gustoso e, permettetemi il temine poco enologico, gradevolmente saporito; il Merlot di Zanovello è un vino che si fa sentire importante con una discreta armonia e un buon senso dell’equilibrio. Un vino di vera piacevolezza, questo si, non è un Merlot qualsiasi, è un vino che va capito e lo si nota fin dal primo assaggio.
Una conferma che le ricerche di “linea alta” che molte aziende euganee hanno promosso nell’ultimo decennio stanno dando bu
oni frutti, alcuni già deliziosamente maturi.
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