Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

venerdì 26 novembre 2010

L'ETICHETTA AMMALIA , IL SONDAGGIO PARLA CHIARO LA BOTTIGLIA SPESSO NO

Vi è mai capitato di dire “Buono questo, da provare” indicando una bottiglia e poi ricordarvi che in verità quella bottiglia è forse la seconda volta che la vedete e sempre con il tappo rigidamente serrato sul collo ? Niente di male tutto nella norma.
Cioè, come degustatori e opinion leader del vino, la cosa è di una certa gravità ma lo dicono le statistiche: l’etichetta ammalia.
Più delle curve della Bellucci, più di una corsa di Jonah Lomu, più del barbisio di Raul Bova, l’etichetta di una bottiglia in un wine-lover può istigare alcuni dei peggiori istinti, dimenticanze e bugie, ripensamenti e pentimenti.
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Buono questo, da provare” ….poco dopo arriva la rimembranza e con essa il pentimento, vi ricordate che era una fetecchia o un vero nulla di speciale, vi viene in mente che il profumo di fiori era scialbo o il perlage decadente, ma però quella etichetta che bella che è, con lo stemma araldico o il disegno naif giusto sotto il nome “brunello” o “barolo” o “amarone” ….ma come si fa …e poi quella citazione latina proprio li davanti….ed il carattere “lucida calligraphy” o il “century gothic” che eleganza!
La statistica parla chiaro e, ringraziando il portale “i numeri del vino”, cito un breve riscontro sull’impatto della confezione nel mondo del vino, una analisi su 500 persone poste di fronte alla scelta di acquisto su vini mai assaggiati prima:”L’aspetto esteriore della bottiglia ha la sua importanza. Il 40% dei consumatori analizzati ha considerato l’etichetta, mentre soltanto il 30% ha considerato l’origine e la classificazione del vino. Anche il colore della bottiglia ha la sua importanza (20% dei consumatori), mentre il 12% danno anche peso alla forma della bottiglia. Quindi, sommando i tre parametri relativi al confezionamento (forma, colore e etichetta), arriviamo al 70%.”.
L’etichetta è parte del prodotto, oggi come oggi, nella tremenda società dell’immagine che viviamo, un abito forse può non fare il monaco ma un buon vino magari si.
Una volta in più ci tocca tirar le orecchie alle troppe cantine che pensano alla propria etichetta come ad un sintomo di produzione più che ad un biglietto da visita, insomma cari produttori il brand e lo stile oggi sono ineludibili se si vuole fare strada ma una etichetta deve dire/dare di più !
Diciamoci allora una cosa : l’etichetta è prima di tutto una fonte di informazioni per il consumatore oppure uno specchietto per le allodoline o peggio un sistema per “acchiappabischeri”?
Posta così la questione dimostra un suo lato “forte” al quale pochi grandi produttori sono arrivati : l’etichetta è una grande occasione per i produttori stessi per educare i clienti al consumo, al consumo di cose buone, fatte con i dovuti crismi, selezionate con cura, insomma l’etichetta potrebbe essere un metodo di selezione nel mercato messo a disposizione del consumatore. L’etichetta in questo senso potrebbe essere elemento meritocratico o almeno secondo me andrebbe imposta così per la maggior parte delle nostre bottiglie e diciamo sicuramente per le DOCG, come minimo.
Ho rigirato in mano molte volte eleganti bottiglie ricoperte di lussuose etichette e mi sono fermato a leggerle, spesso ho trovato un vuoto oltre il simbolone o il parolone, ed una inesauribile dose di furberia.
Bono ‘esto, da provare bada …percheeeee??? Ma l’hai vista l’etichetta ???? Ecche voi trovare con una etichetta così….i’meglio….ovvio no ?”.
No.

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