Questo è il wine blog di Stefano Il Nero, un contenitore indipendente, indisponente ed insufficiente di impressioni sul vino
ed il suo mondo.
Al centro il gusto, la tradizione, il territorio.

domenica 13 febbraio 2011

VERTICALE AMARONE MONTE SANT'URBANO, LA FILOSOFIA DEGLI SPERI ...LE RAGIONI DEL NONNO.

Giampaolo Speri guarda con nostalgia il suo bicchiere mentre parla, davanti ha il suo vino, il vino della sua famiglia, parlando si tormenta fra la voglia di trasmettere la sua competenza e la paura che in fondo si veda un po' troppo che la sua è invece una passione. Perchè, forse pensa, alle passioni magari qualcuno ci crede meno, magari qualcuno ci crede meno che di quel crinale di Sant'Urbano ne sei innamorato un po'. Niente da fare, Giampaolo si tradisce, gli brillano gli occhi quando racconta di quei clienti che tempo fa, ha lasciato li alle quattro di mattina, li a Sant'Urbano, perchè la compagnia di quella collina e del suo Amarone era più grande della notte.
Questa sera ha tirato fuori le sue bottiglie 2006, 2001, 1995, 1983 e, dulcis in fundo, il 1973, cinque perle di "Speri Valpolicella Amarone Monte Sant'Urbano".
E' AIS Verona che ha organizzato con lui il ristretto cenacolo di questa verticale e lo Speri attacca "Sono poche le aziende che, qui in Valpolicella, hanno in cantina le vecchie annate, noi si, fino al 1964, ma non ringraziate me, ma mio nonno ed i miei cari che sono venuti prima di me, io le ho aperte questa sera per riscoprire con voi il percorso e le scelte che la nostra famiglia ha fatto nella storia dell'Amarone".
 Punto e a capo, benvenuto in casa Speri.
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Gli Speri di Amarone ne fanno uno solo, esce cinque anni dopo la vendemmia, dopo quattro anni di legno e sei mesi di bottiglia , una ricetta unica che segue la logica di famiglia anche se "il nonno diceva che ci vogliono dieci anni per assaggiare un amarone". Teniamo a mente.
Pochi numeri: sono circa centomila le bottiglie di questo pregiato vino che ogni anno Speri mette sul mercato, meno di un terzo della produzione totale della cantina.  Giampaolo si lascia andare al racconto che parte da lontano, parla delle scelte di una azienda che ha sempre pensato di essere tale, certo una azienda di famiglia, la famiglia Speri, ma una famiglia che ha scelto prima di tutto come essere azienda e che, sulle sue scelte,  ci ha scommesso. Ha scommesso, su quel Monte Sant'Urbano, sulla coltivazione a pergola veronese "non per semplice tradizione ma perchè protegge le uve, allunga il grappolo, diminuisce il numero di acini", messi così quei diciannove ettari costano l'uno circa 900 ore di lavoro manuale l'anno contro le circa 130 di un guyont ma "è produrre buone uve la soluzione non affidarsi alla enologia per correggere i difetti". 

Il vino si fa in campagna.
Giampaolo è un fiume in piena, "un vino con uve appassite che ricorda l'uva, questa è la soddisfazione", tutto questo per arrivare ad un risultato che coniughi "eleganza e potenza" che regali "vini non esagerati" e per fare così "ci deve essere dentro un po' di molinara e mantenere l'alcol intorno al 15%", poi ancora "abbiamo sofferto negli anni novanta quando andava molto il vino piacione ed il legno ma oggi siamo contenti di aver mantenuto la nostra scelta". 

Giampaolo sorride, ora tocca all'assaggio che scioglierà le domande insidiose sull'amarone "raro e caro" e sul futuro di questo vino, del resto lui stesso aveva esordito chiedendosi "l'amarone è arrivato alla fine del suo percorso storico?". Domande che si può fare, senza che gli tremi la voce, solo chi la storia ce l'ha.
Sfogliamola questa storia siamo sul Monte Sant'Urbano con il suo Amarone 2006. Granato con unghia decisa, al naso note di menta e di cioccolata dietro la punta alcolica che nasconde il legno, amarena sul finale. Assaggio corposo ampio di tannini, abbastanza asciutto con ritorno di legno e tocco amaro sul finale. Vivace. Il 2001 invece ha un colore solo un po' più distinto, al naso è più fruttato, cioccolata fusa ed un sincero aroma di mandorla solo un po' bruciacchiata. Assaggio morbido, tannini evidenti ma in genere setoso, un palato solo un po' vinoso comunque garbato. Indimenticabile. Il 1995 riserve la sorpresa migliore, il colore è solo leggermente più scuro, il naso prende prima di tutto una prugna intensa, grave e caldo, sfuma il cacao. In bocca è fruttato, di grande eleganza, persistente, finale molto lungo e amaro. Siamo al 1983 che scende nel bicchiere con il suo colore caramello, naso ampio di frutta passita e di susina. Assaggio persistente ma molto equilibrato tocco di liquirizia e finale solo leggermente alcolico. E' il 1973 che mi trova impreparato, le note sono solo leggermente più aggraziate rispetto all'assaggio precedente, il palato è più deciso e secco, ma è ancora fresco e presente ed il tocco di ciliegia sotto spirito è un piccolo regalo alla serata.
Aumenta il brusio ed i sorrisi, serata riuscita, lo hanno capito tutti, come si è capito che aveva ragione il nonno, ma non urliamolo che il mercato non lo sopporterebbe.
Benvenuti in casa Speri allora, anzi no, in cantina, anzi no.....casa, famiglia, cantina, in fondo qui che differenza c'è ?



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